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Impresa 4.0, roadmap in nove tappe. Ma la priorità sono le Pmi

Il Digital Transformation Institute mette nero su bianco le priorità per mandare avanti il piano. Il presidente Stefano Epifani: “E’ necessario che aziende e istituzioni abbiano ben chiari gli impatti che la rivoluzione avrà sul sistema Paese”

Pubblicato il 31 Lug 2018

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Una roadmap per rilanciare Impresa 4.0, nove tappe che disegnano una via per rilanciare il Piano Impresa 4.0 e supportare più efficacemente i processi di trasformazione digitale delle imprese italiane. Realizzata dal Digital Transformation Institute, la Roadmap Impresa 4.0 ha l’obiettivo di guidare la riflessione sulla strategia da adottare nei prossimi mesi e ribadire che non bisogna abbassare la guardia, perché il nostro sistema imprenditoriale ha necessità di essere supportato in questo complesso processo di cambiamento.

“Ma perché il cambiamento avvenga e riesca a produrre un effetto positivo, è necessario che le imprese, le istituzioni, tutti abbiano consapevolezza delle caratteristiche e delle dinamiche della rivoluzione in corso – spiega Stefano Epifani, presidente dell’Istituto e docente di Internet Studies alla Sapienza, Università di Roma – È necessaria la consapevolezza degli impatti, delle opportunità e delle minacce che comportano i nuovi scenari aperti dai processi trasformativi attuati da elementi come i big data, l’intelligenza artificiale, l’internet of things, i social media, la sharing economy, Blockchain, Industry 4.0 e tanti altri concetti. Ma soprattutto consapevolezza del reale senso della dinamica trasformativa della rivoluzione in corso. Parlare di trasformazione digitale, infatti, non può e non deve ridursi a parlare di digitalizzazione”.

La roadmap, alla realizzazione della quale hanno contribuito tanto i membri dell’istituto quanto un panel esterno di esperti di riferimento del settore, parte dalla consapevolezza del fatto che “il Piano Impresa 4.0 ha aperto una strada importante nella direzione del supporto allo sviluppo dei processi di trasformazione digitale, avviando un complesso percorso di collaborazione inter istituzionale e favorendo la creazione di una rete di supporto all’innovazione” come afferma Alberto Marinelli, professore di Media Digitali alla Sapienza e socio fondatore dell’Istituto.

“Per questo motivo – continua Kurt Hilgenberg, Professore di Internet Studies al Politecnico di Berlino – è importante dare continuità all’azione avviata, portando tanto la dotazione finanziaria quanto l’impatto dell’azione in termini di coinvolgimento delle Istituzioni ai livelli dei best performer europei”

Tuttavia, sostiene Gianfranco Vento – anch’egli tra i fondatori del Digital Transformation Institute e professore di Economia alla Regent’s University di Londra – “la sfida del digitale si vince, prima di tutto, con le competenze e con la consapevolezza nelle imprese. Creazione di consapevolezza e sviluppo di competenze sono due strade obbligate da percorrere. Per questo motivo è importante sviluppare programmi finalizzati alla costruzione di competenze tanto nei cittadini quanto nelle aziende e nell’Amministrazione”.

Cosa si può fare quindi nel concreto, valorizzando quanto è già stato realizzato? “In primo luogo, promuovere percorsi finalizzati a sviluppare una profonda consapevolezza sul ruolo del digitale nel business e nell’economia da parte di imprese ed istituzioni – dice Roberto Lippi, coordinatore di UN Habitat, il programma delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo urbano sostenibile –  Ma non solo. È necessario supportare con più convinzione la trasformazione digitale nei giovani, attraverso un sistema di formazione professionale duale, che preveda un percorso di reale alternanza tra teoria e pratica che faccia comprendere davvero logiche, processi e modelli del mondo del lavoro: creare consapevolezza è l’unico modo di promuovere un percorso di sviluppo sostenibile, che produca reale benessere nella popolazione”.

Consapevolezza dunque, ma senza dimenticare la normativa e le infrastrutture di rete. L’ampliamento della banda larga, tanto nei centri urbani che nelle zone remote, è fondamentale per favorire l’inclusione sociale ed economica, sviluppare i servizi, rendere il nostro Paese competitivo a livello globale. Così come disegnare norme flessibili, che non siano di ostacolo allo sviluppo, ma siano capaci di supportare i nuovi attori ed i nuovi modelli senza penalizzare quelli esistenti.

Cosa migliorare del Piano Impresa 4.0? Di certo, semplificare lo schema d’azione. Punti Impresa Digitale, Centri di Competenza, Centri di Trasferimento Tecnologico, Digital Innovation Hub: troppi operatori a supporto dell’innovazione con compiti differenziati e funzioni alle volte sovrapposte. Poi bisogna ripartire dalla natura delle imprese del nostro Paese, che non è solo industriale. Inoltre, come sottolinea Alfonso Fuggetta, direttore del Cefriel, “focalizzare su velocità, certezza e semplicità dei provvedimenti. Servono strumenti automatici che consentano alle aziende di mettere in campo innovazione pianificando le azioni in maniera veloce e rapida, senza ostacoli da parte della burocrazia o complessi processi di selezione”. Qualsiasi strategia si metta in campo deve fornire un set di strumenti e servizi che supportino efficacemente anche il variegato e complesso ecosistema delle PMI nel rispondere alla sfida di Impresa 4.0. Infine, fare sistema in questo momento appare indispensabile. Per cogliere la scommessa di Impresa 4.0 e sviluppare un Network di Impresa 4.0 inclusivo rispetto a università, impresa e scuola, la collaborazione è una priorità se si vuole rendere la trasformazione digitale un’efficace azione di sistema.

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