Sono quattro i punti che entro luglio Confindustria digitale sottoporrà al governo per costruire un’alleanza che aiuti le imprese ad affrontare la disruption: disponibilità ad aiutare l’AgID “nel suo compito titanico di completare le piattaforme tecnologiche dedicate ai cittadini nei tempi previsti”; apertura in tutte le università di almeno un corso sui temi del digitale (“pretenderemo che il governo lo faccia”); spinta al digital single market, “che rappresenta una grande occasione per ricostruire l’Europa”; politiche di sostegno agli investimenti in tecnologia, “senza chiedere risorse aggiuntive, ma orientate verso i settori più promettenti. Non vogliamo insegnare al governo cosa fare, ma vogliamo affiancarlo nella riprogettazione del Paese. Il partenariato pubblico-privato deve diventare una realtà. Posso comunque dire che percepiamo una buona ricettività da parte del ministro Carlo Calenda”. L’ha detto il presidente della Federazione Elio Catania, parlando in occasione dell’evento Impresa 4.0, che si è tenuto stamani a Milano e che è stato per l’appunto organizzato da Confindustria digitale insieme con Assinform.
Catania ha anche parlato delle opportunità che si aprono per i distretti produttivi locali, che grazie all’interconnessione digitale potrebbero tornare a essere veri e propri astri nel firmamento economico internazionale. “L’Italia è fatta di ecosistemi, ne abbiamo parlato per anni senza fare niente, mentre la rivoluzione digitale sembra fatta apposta per valorizzarli. Per questo intendiamo lavorare sulla costruzione di marketplace e piattaforme comuni per filiere specifiche, supportando gli imprenditori anche con innovation hub che li aiutino a sviluppare competenze, metodi e relazioni con startup innovative. Apriremo cinque innovation hub nei prossimi quattro mesi, iniziando da Milano. E poi ne seguiranno altri, nei successivi 18 mesi”, ha detto Catania.
Si tratta di un approccio nuovo al mondo economico tricolore, un approccio sottolineato anche dal titolo del convegno, dove il classico “Industry” non a caso è stato sostituito dalla parola “Impresa”, che meglio descrive il tessuto produttivo della Penisola, fatto di tante piccole realtà in cui spesso managerialità e digitale stentano ancora ad attecchire. “Il successo in questo nuovo scenario non è dato dall’uso della tecnologia, ma dal modo in cui leadership, grazie alla tecnologia raggiunge i propri obiettivi”, ha spiegato Agostino Santoni, presidente di Assinform. E l’urgenza per le imprese “non è tanto comprare tecnologia, ma integrare il digitale nei propri processi. La digitalizzazione va a velocità straordinaria, e per gestirla serve una visione di impresa sempre pronta al cambiamento, con la capacità quindi di ripensare competenze, processi, prodotti e servizi, mettendo al centro le persone e cogliendo l’opportunità più grande di questa trasformazione: l’IoT, specialmente in settori critici per la nostra economia come il manifatturiero e l’agroalimentare. Il focus ora è sull’esecuzione”, ha concluso Santoni. “Dobbiamo eseguire il piano con una ricetta che ci consenta di recuperare competitività senza dimenticare le piccole imprese e le filiere, visto che oggi c’è la possibilità concreta di dare nuova voce a questi soggetti”.
Chiamato in causa da Catania, al convegno milanese di Confindustria digitale e Assinform ha preso la parola anche il direttore dell’AgID Antonio Samaritani, che ha confermato che pure sul fronte della PA la priorità è colmare il ritardo accumulato dall’Italia negli ultimi anni portando i dati al centro della relazione tra istituzioni, imprese e cittadini. “Sul fronte della digital skill l’Italia fa registrare un tasso di penetrazione del 24% contro il 27% della media europea, mentre sulle competente avanzate il divario è tra il 19% tricolore e il 28% dell’Unione. Sull’e-government”, ha continuato Samaritani, “rispetto all’offerta di servizi siamo teoricamente allineati, ma il fatto che la penetrazione sia da noi pari al 18% contro il 32% del continente mette in evidenza che in Italia c’è un problema di sottoutilizzo. In ogni caso, la macchina è partita: il rodaggio dell’identità digitale ha già coinvolto 77 mila cittadini, e da settembre ci sarà il lancio su larga scala, mentre sul piano dei pagamenti contiamo 14.500 amministrazioni collegate al Nodo. Ora stiamo lavorando per riuscire a portare il nostro lavoro ai tavoli dell’Unione europea. L’integrazione con la cornice comunitaria non può essere separata dall’azione locale, in quanto è a Bruxelles che si stabiliscono le regole che poi influiscono sulla competitività delle aziende”.