IL REPORT POLIMI

Industria 4.0, in Italia giro d’affari oltre i 4,5 miliardi. Ma c’è il nodo competenze

La spinta da cloud manufacturing, automazione avanzata e analytics. E si va affermando il paradigma Industrial smart working. Taisch: “Ora serve una visione di lungo termine, necessari forti investimenti sulle skill”

Pubblicato il 12 Ott 2021

Industria 4.0 Politecnico

Il mercato italiano dell’Industria 4.0 nel 2020 ha raggiunto un valore di 4,1 miliardi di euro, con una crescita dell’8%, trainata soprattutto dalle tecnologie It, che rappresentano l’85% della spesa contro il 15% delle Ot (Operational technologies). Le previsioni per il 2021 indicano un’ulteriore accelerazione della spesa, ad un tasso compreso fra +12% e +15%, superando i 4,5 miliardi di euro

Sono questi i risultati della ricerca dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi durante il convegno online “L’Industria 4.0 in un mondo che cambia”.

Nel 2020 gli investimenti delle imprese manifatturiere si concentrano prevalentemente in progetti di connettività e acquisizione di dati (Industrial internet of things), che valgono 2,4 miliardi di euro e il 60% della spesa, e negli Industrial analytics, con 685 milioni e il 17% del mercato.

Il resto della spesa in soluzioni 4.0 si suddivide fra Cloud manufacturing (390 milioni, 8%), servizi di consulenza e formazione (275 milioni, 7%), Advanced automation (215 milioni, 5%), Additive manufacturing (92 milioni, 2%) e Advanced human machine interface (57 milioni, 1%). La crescita del mercato è stata inferiore alle previsioni formulate nel 2019 (+20%), ma ugualmente positiva, se si considera che le stime effettuate durante il primo lockdown delineavano un calo del 5%.

La crescita prevista per quest’anno sarà spinta in particolare da Cloud manufacturing (+25-30%), Advanced automation (+15-20%) e Advanced Hmi (+12-18%), mentre si stimano incrementi meno sostenuti per Industrial IoT (+9-14%), Advanced analytics (+12-16%) e Additive manufacturing (+6-12%). Continua la crescita dei servizi, per i quali si prevede un aumento del 10-15%.

Le applicazioni di Industria 4.0 più utilizzate in Italia

Nel 2020 sono circa 1.400 le applicazioni di Industria 4.0 utilizzate dalle imprese manifatturiere, il 28% in più rispetto al 2019. Le più diffuse sono le soluzioni di Industrial IoT, pari a un quarto del totale (380, +31%), spesso combinate con algoritmi di Analytics e intelligenza artificiale.

Seguono le tecnologie Advanced Hmi, come i wearable e le interfacce uomo-macchina per acquisire e veicolare dati in formato visuale, vocale e tattile (286, +15%); Advanced automation (241, +5%), cioè i sistemi di produzione automatizzati come i robot collaborativi; Industrial analytics, le applicazioni più in crescita (200, +39%), focalizzate sulla previsione delle prestazioni degli assetti industriali e dei processi produttivi; Cloud manufacturing (140, +33%), utilizzate soprattutto per il monitoraggio e la diagnostica degli impianti industriali da remoto; Additive manufacturing (125, +30%), nota anche come stampa 3D e diffusa principalmente nei settori automotive e aerospaziale.

Il paradigma 4.0 è realtà. Ora serve la visione di lungo termine

“L’emergenza non ha arrestato la crescita dell’Industria 4.0, a conferma del fatto che non è stata una moda passeggera ma una progettualità che sta rinnovando il settore industriale italiano in modo persistente – afferma Marco Taisch, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 -. Le iniziative più semplici sono ormai conosciute e consolidate, con almeno un progetto attivato nel 75% delle imprese manifatturiere. Per avviare progetti di digitalizzazione pervasivi, multi-tecnologici e basati sul cloud e su reti innovative, sarà necessaria una visione di lungo termine, il coraggio di sperimentare nuove applicazioni per le nuove sfide che si sono venute a creare e un forte investimento nelle competenze 4.0”.

“Il 2020 ha spinto le aziende a ripensare il modo in cui vengono gestite le operations – commenta Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 -. La trasformazione di modelli di business verso la digitalizzazione ha cambiato l’approccio con cui il valore viene trasmesso al cliente: remotizzazione, flessibilità e servitizzazione diventano gli elementi chiave nella gestione dell’impresa digitale. Il tema di resilienza della supply chain è ormai strategico per poter mantenere e possibilmente aumentare la produttività delle aziende e la capacità di adattare la loro offerta alle sfide e alle richieste del mercato post-pandemia”.

Piano nazionale transizione 4.0: le Pmi chiedono più sgravi fiscali

Le opportunità offerte dal Piano nazionale transizione 4.0 sono ben conosciute dalle aziende manifatturiere: l’83% delle 175 grandi imprese e Pmi intervistate dall’Osservatorio conosce il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, il 55% quello per ricerca, sviluppo e innovazione e il 52% quello per la formazione.

Le aziende auspicano che sia affiancato da altre forme di incentivo per accompagnare la crescita del mercato. Nei prossimi sei mesi le esigenze più sentite sono sgravi fiscali sugli operatori di fabbrica per abbassare il costo del lavoro (55%) e incentivi per l’assunzione di personale (41%), mentre nei prossimi due anni le aziende vorrebbero soprattutto il rilancio di forme di iper e super ammortamento su beni strumentali (acquisto, revamping e accessori), indicato dal 48% del campione, e nuovi incentivi diversi da quelli attualmente in vigore per investimenti in beni immateriali (software e piattaforme per la system integration), importanti per il 39% delle imprese.

Industrial smart working: orari e postazioni flessibili con le tecnologie

Durante la pandemia lo smart working si è diffuso anche nelle imprese manifatturiere. Il 37% delle aziende ha introdotto forme di flessibilità nella gestione degli orari di lavoro, un altro 37% di mansioni e postazioni di lavoro, un quinto nella gestione dei turni, il 28% utilizza strumenti per tracciare le competenze, il 19% monitora le condizioni di salute dei lavoratori e il 17% lascia libera scelta fra lavoro in presenza o in remoto.

Sono state remotizzate il 40% delle attività di formazione, controllo e audit della qualità e di monitoraggio degli impianti, e il 25-30% delle attività di manutenzione, gestione delle officine, collaudo delle macchine. E i benefici sono stati evidenti: sono aumentate flessibilità (nel 67% dei casi) e tempestività (55%) di risposta ai problemi ed è migliorata la soddisfazione dei lavoratori (60%) e il work-life balance (62%), anche se in alcuni casi è cresciuto lo stress e il carico di lavoro (16%).

Le tecnologie smart hanno avuto un ruolo decisivo nell’abilitare questa trasformazione: per le imprese è fondamentale dotarsi di strumenti di IoT per la datificazione dei processi (38%), utilizzare dashboard digitali (34%), piattaforme per la collaborazione a distanza (25%) e tecnologie per la cybersecurity (22%). Dal punto di vista organizzativo, invece, la maggioranza delle imprese avverte l’esigenza di aumentare autonomia (31%) e polivalenza degli operatori (29%) e coinvolgerli di più nella digitalizzazione dei processi produttivi (29%), oltre a svilupparne le competenze tecniche, gestionali e decisionali.

“Le tecnologie digitali sono state fondamentali per accelerare la transizione verso modelli di Industrial Smart Working – afferma Raffaella Cagliano, Direttrice dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 -. Forme di flessibilità di orari, luogo, strumenti e organizzazione del lavoro non sono ancora largamente diffuse nelle aziende manifatturiere, ma le opportunità e i vantaggi riscontrati sembrano preludere a un cambiamento di paradigma importante nel concetto di lavoro industriale, dove la flessibilità e l’assenza di vincoli stringenti di spazio e tempo possa costituire un elemento fondamentale di competitività”.

Le imprese manifatturiere abbracciano la sostenibilità

Le imprese manifatturiere sono sempre più consapevoli del vantaggio competitivo che può offrire un forte impegno per la sostenibilità. Il 15% ha già terminato progetti di sostenibilità nell’ambito delle operations, circa un terzo ne ha attivati alcuni e solo il 3% non è interessato. Il 43% lo ha fatto per anticipare le tendenze del mercato e rispondere alle richieste dei clienti, oltre un terzo per costruire l’immagine di un marchio sostenibile.

“Diventare sostenibile, ormai, è un’esigenza dettata direttamente dal mercato e le imprese stanno sfruttando le tecnologie digitali per cogliere questo vantaggio competitivo – afferma Luca Fumagalli, Direttore dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 -. Advanced automation (30%) e Industrial IoT (28%) sono le tecnologie più determinanti secondo le aziende che hanno concluso o avviato progetti di sostenibilità nelle operations, seguite da Analytics (16%), Cloud (11%), Additive manufacturing (11%) e Advanced Hai (5%). Le aree potenzialmente più interessate dall’impiego delle smart technologies per la sostenibilità, invece, sono il monitoraggio dei consumi nella gestione delle operations (56% del campione complessivo), la gestione della fine vita del prodotto (46%)”.

Le aziende monitorano soprattutto indicatori relativi agli scarti di processo, come rifiuti ed emissioni inquinanti (51%), consumo di acqua, materiali ed energia lungo le diverse fasi del processo produttivo (48%), ma ben un quarto del campione ancora non misura alcun indicatore di performance relativo alla sostenibilità. Le principali barriere all’impiego del digitale per migliorare la sostenibilità sono la mancanza di cultura aziendale (37%), la mancanza di indicatori che colleghino la performance di sostenibilità al valore di un’azienda (30%) e la difficoltà a comprendere quali siano i benefici attesi (29%). Solo per il 12% il problema è legato alla mancanza di dati e soltanto per il 9% l’assenza di tecnologie adeguate, segno di una maturità tecnologica ormai acquisita.

I servizi 4.0 crescono dell’8%. Ma le potenzialità sono ancora poco sfruttate

Nel 2020 i servizi 4.0 hanno raggiunto un valore di circa 275 milioni di euro, +8% rispetto a all’anno precedente, spinti soprattutto dalla consulenza operativa, mentre la consulenza strategica continua a trovare poco spazio. Nonostante le paure iniziali, le aziende di consulenza sembra siano riuscite a trasferire le loro attività sui canali digitali, riducendo notevolmente i possibili effetti della pandemia e aprendosi a un modello di business basato sulla fornitura di prodotti e servizi più sostenibili e di valore per il cliente (Servitization 4.0).

Due terzi delle imprese già oggi è abituato a utilizzare beni strumentali e software a fronte di un canone mensile o annuale, ma le opportunità offerte dalla connessione dei macchinari sono ancora poco sfruttate dalle aziende. Solo un quarto degli intervistati usa servizi informativi associati a un macchinario, come l’individuazione di guasti o malfunzionamenti, o servizi di manutenzione preventiva basati sulle condizioni della macchina, meno di uno su dieci utilizza servizi per una migliore gestione energetica delle macchine e pochissime sono le aziende che hanno sviluppato soluzioni di manutenzione predittiva (meno del 5%). Il Manufacturing-as-a-Service (MaaS), è ancora sconosciuto a due terzi delle imprese, ma inizia a diffondersi in tutto il mondo sotto forma di piattaforme digitali che portano una piccola rivoluzione nell’approvvigionamento di parti meccaniche. Solo in Europa, si contano già cinque piattaforme pienamente operative.

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