L’INTERVISTA

Industria 4.0, Taisch: “Priorità a intelligenza artificiale, 5G e sostenibilità”

Il presidente di Made 4.0 a due anni dalla nascita del Competence Center di Milano: “Realizzati più di 100 progetti. La sensibilità delle imprese aumenta, anche se non sulle tecnologie di frontiera. Puntiamo sulla teaching factory per accelerare la transizione”

Pubblicato il 18 Gen 2023

Marco Taisch

Made Competence Center Industria 4.0 di Milano tira le somme dei suoi primi due anni di attività. Ventiquattro mesi che in termini di scenario non possono essere considerati “normali”, perché hanno coinciso con l’esplosione della pandemia prima e con le tensioni internazionali scatenate dall’attacco russo in Ucraina del marzo scorso. Circostanze che hanno avuto riflessi importanti sul mondo delle imprese e sulle loro attitudini verso l’innovazione tecnologica, da una parte rendendo più evidenti i benefici che possono derivare dal digitale per le aziende e dall’altra innescando una crisi nella fornitura di componenti e materie prime che affligge le supply chain. A raccontare in quest’intervista a CorCom questi due anni di esperienza Marco Taisch, presidente di Made 4.0 e professore ordinario al Politecnico di Milano, dove insegna Sustainable Manufacturing, Digital Manufacturing e Operations Management, oltre a essere uno dei coordinatori del Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano.

Professor Taish, come si è caratterizzata finora la vostra attività?

Possiamo suddividere la nostra attività in tre segmenti principali. Le aziende meno mature, che generalmente sono anche le più piccole, si avvicinano a noi per attività di orientamento sulla digital transformation, per far capire meglio i vantaggi che l’industria 4.0 può portare alla loro attività. Quelle più evolute iniziano a fare attività di formazione con noi, soprattutto di upskilling, per capire come sfruttare al massimo le potenzialità delle tecnologie che adottano. Un terzo tipo riguarda progetti di trasferimento tecnologico e di consulenza “su misura”, in cui rispondiamo a richieste specifiche. In generale, le grandi aziende sono più interessate a essere seguite su progetti di digital transformation, le medie alla formazione e a progetti di dimensioni più contenute, mentre le piccole sono in una fase di presa di coscienza, vogliono innanzitutto capire quali vantaggi potrebbero trarre dalla trasformazione digitale.

Quali sono i numeri principali di questi primi due anni di attività del Made?

Abbiamo sviluppato complessivamente più di cento progetti, contrattualizzando 83 aziende. La nostra scuola di competenze ha erogato in tutto 204 corsi, a oltre 4mila persone e 1.350 aziende partecipanti, che per il 31% sono piccole e medie imprese. Quanto infine all’orientamento, abbiamo realizzato più di trecento workshop e webinar, che hanno totalizzato quasi 17mila partecipanti, per quasi seimila imprese.

Spostandoci sul versante delle tecnologie, dove stanno andando gli investimenti delle aziende, e in quali tecnologie e settori dovrebbero investire maggiormente?

Anche se ci piacerebbe che gli investimenti fossero oggi indirizzati a tecnologie “di frontiera”, come la blockchain o l’intelligenza artificiale, c’è da dire che nel campo del manifatturiero sono ancora molto legati a scenari più semplici, come – nella maggior parte dei casi – l’utilizzo di sistemi informativi per l’ottimizzazione della fabbrica attraverso strumenti gestionali. Anche se una parte di clienti più attenti alle esigenze del momento ci chiede di intervenire sulla riduzione del consumo energetico e più in generale sulla sostenibilità. In sintesi, potremmo dire che – come è naturale – il sistema industriale è ancora un po’ più indietro rispetto alla maturità delle tecnologie: per la loro adozioni di massa ci vorrà ancora qualche anno.

Come hanno influito pandemia e crisi economica su questo processo?

In realtà quello a cui ci troviamo di fronte in ambito industriale non è un problema di crisi economica, ma il contrario. Nell’anno appena concluso ci sono stati talmente tanti ordini in backlog da soddisfare che le imprese spesso non hanno avuto il tempo materiale di implementare programmi di innovazione: l’esigenza principale è stata di concentrarsi al massimo sulla produzione e sulla consegna. Non ci troviamo in sostanza all’interno di una crisi di domanda, ma in una crisi che riguarda soprattutto la supply chain, per la carenza di materie prime e di componenti, con il conseguente aumento dei loro prezzi. Questa dinamica ci ha portato a registrare un leggero rallentamento dell’attività del Made, con alcuni clienti che sono stati costretti a rinviare le i loro progetti con noi al 2023, da cui ci aspettiamo molto. Questo perché l’attenzione verso l’innovazione digitale è aumentata, come testimonia anche il miglioramento della posizione dell’Italia nell’indice Desi: nel nostro campo sono i risultati del piano nazionale Industria 4.0 partito negli anni 2017, 2018 e 2019, che ora sta rendendo evidenti i suoi frutti.

Perché si parla di “transizioni gemelle”, e qual è il ruolo della sostenibilità nell’industria manifatturiera?

La transizione ecologica oggi non può fare a meno della transizione digitale: una viene spinta dall’altra. Soltanto per fare un esempio: abbiamo implementazioni in Made dove grazie all’utilizzo di semplici concentratori per l’illuminazione degli ambienti si arriva a ottenere anche un risparmio fino al 10% sui consumi energetici: si tratta di un intervento puramente digitale per rifasare la corrente, tenendo le lampadine all’intensità luminosa giusta a seconda del momento del giorno o della presenza di persone. Si tratta di un intervento digitale spinto dalla necessità di consumare meno energia, con lo scopo di contenere i costi e di rispettare l’ambiente.

Nella transizione digitale dell’industria c’è un ruolo di traino delle grandi imprese verso le piccole?

E’ un fattore che io metterei in secondo piano. Quello che abbiamo imparato è in realtà che a dare la spinta più forte alla digitalizzazione nell’ultimo periodo è stata la pandemia, un momento di emergenza internazionale per superare il quale si è capita l’importanza di tecnologie digitali che in realtà erano già disponibili e già mature. Il Covid ci ha costretto a controllare gli impianti in remoto, a garantire il distanziamento tra le persone e la comunicazione tra colleghi da luoghi diversi, ha costretto a connettere le macchine e a tirar fuori i dati, fino a effettuare i collaudi a distanza. E il valore di queste esperienze è rimasto anche dopo il superamento della fase più dura dell’emergenza.

Quali programmi di sviluppo avete per il 2023?

MI piace sottolineare che siamo diventati uno dei sette centri – l’unico in Italia – finanziati dalla Commissione Europea per i test dell’intelligenza artificiale nel manifatturiero. Ne consegue che una delle nostre direttrici principali sarà implementare soluzioni di intelligenza artificiale per testarne limiti e benefici nel mondo del manufacturing. Un’altra direttrice sarà il 5G, con le reti private pensate non per le comunicazioni tra le persone, ma tra macchine. Sarà un’innovazione disruptive per il mondo delle fabbriche, perché a differenza del 4G garantisce certezza di latenza e consente – ad esempio – di controllare azionamenti utilizzando tecnologia mobile, di lavorare con il riconoscimento delle immagini e nella più completa sicurezza. Il terzo obiettivo che ci diamo per il 2023 è infine quello di lavorare su trasformazione ecologica e sostenibilità: su questo c’è ancora tanto da fare, e ci sono tante occasioni che le imprese possono cogliere, guardando ad esempio alla ridefinizione delle filiere internazionali e anche al reshoring. Sarà una trasformazione dovuta, perché i ventenni di oggi non sono soltanto nativi digitali, sono anche nativi sostenibili, che si affacciano al mercato da consumatori consapevoli e diventeranno sempre più esigenti.

Quanto è importante la formazione nell’offerta di Made competence center?

E’ così importante che abbiamo deciso di puntare sul concetto di teaching factory: non facciamo formazione in maniera tradizionale, in aula con le slide, ma abbiamo dedicato un investimento da 10 milioni di euro in infrastrutture tecnologiche per poter fare formazione empirica, in fabbrica. Il nostro 2023 sarà caratterizzato da un modello di formazione molto pratica, orientata all’utilizzo delle tecnologie: le nostre macchine e i nostri robot funzionano davvero, e raccolgono dati veri e non simulati. Il secondo focus, molto apprezzato e richiesto dal mercato, è la formazione custom per le imprese. Abbiamo un catalogo di corsi di formazione, ma le imprese ci chiedono sempre più iniziative progettate ad hoc.

Che bacino di utenza riuscite a coprire?

Quello della formazione è un bacino enorme su scala nazionale, di cui noi riusciamo a cogliere soltanto una parte. D’altra parte, io rimango convinto che di competence center in Italia non ce ne vorrebbero otto, ma 32: serve una capillarità territoriale che pochi centri non sono in grado di garantire. Mentre il tema della vicinanza geografica è centrale in uno scenario in cui spesso le imprese non si muovono perché non hanno la sensibilità e la consapevolezza dell’importanza di digitalizzarsi, vivendo come in una bolla.

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