Potenziare la capacità produttiva del sito catenese di STMicroelectronics in ottica Industria 4.0. E’ questo l’obiettivo dell’intesa tra la multinazionale italo-francese Invitalia, e Ministero dello Sviluppo Economico che fa leva sull’introduzione di tecnologie innovative
L’intesa, sottoscritta anche da Università di Catania e Istituto di Microelettronica e Microsistemi (Imm-Cnr), inaugura la nuova procedura che, nell’ambito dei Contratti di Sviluppo, riduce i tempi per i progetti di particolare rilevanza strategica e ad alto contenuto di innovazione. Il finanziamento di Invitalia è di 38 milioni di euro a fronte del già annunciato programma di investimenti che punta a consentire a STMicroelectronics di rafforzare la posizione dello stabilimento siciliano nell’ambito dell’elettronica di potenza, con un investimento complessivo di 253 milioni di euro, di cui 216 per rafforzare la produzione e 37 destinati ad attività di ricerca e sviluppo per la realizzazione di sistemi tecnologici avanzati.
”Questo accordo – spiega Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia – conferma che investire nell’innovazione tecnologica è la via migliore per creare o tutelare l’occupazione. Il nostro obiettivo è incentivare sempre più i grandi investimenti in settori strategici non solo attraverso il sostegno finanziario, ma anche con procedure più snelle e tempi più veloci, che nell’economia globalizzata valgono come e più del denaro”.
Per Massimo Inguscio, presidente del Cnr, l’intesa rappresenta un esempio di come la collaborazione pubblico-privato può essere una leva per Industria 4.0. Leva su cui fare pressione soprattutto al Sud dove – secondo Svimez – il piano Calenda non basta, anzi rischia di allargare il divario con il Nord del Paese: il programma potrà generare ricadute aggiuntive, alla fine del periodo di implementazione della policy, quantificabili in quasi lo 0,2% del Pil nel Centro Nord mentre al Sud sarà attorno allo 0,03%.
Questo gap è presto spiegato. A differenza di altre policy, gli effetti indotti dal “Piano Industria 4.0” mirano a una modifica strutturale dello stock di capitale, favorendo le componenti a maggior rendimento e hanno carattere permanente. In altre parole il “salto aggiuntivo” di Pil e valore aggiunto dura anche dopo la fine degli incentivi. Partendo da questa considerazione Svimez evidenzia che, mentre il sistema produttivo del Centro-Nord reagisce positivamente a misure che vanno nella direzione di accrescere la dotazione dei vantaggi competitivi meno diffusi , nel Mezzogiorno l’impatto della policy è comunque assai minore a causa di problemi “strutturali”: bassi livelli di innovatività, più bassa diffusione delle tecnologie Ict assimilabili e dimensioni aziendali comparativamente inferiori.
Per quanto riguarda il super/iper ammortamento, lo studio Svimez effettua una prima ripartizione territoriale della misura, dalla quale emerge, per le imprese meridionali, una quota di accesso pari al 7% delle agevolazioni stimate per l’intero paese dalla Relazione Tecnica al Disegno di Legge di Bilancio per il 2017. In valore assoluto, le agevolazioni erogate alle imprese del Sud dovrebbero quindi attestarsi intorno ai 650 milioni di euro – da ripartire nel periodo 2018-2027 – contro i circa 8,6 miliardi del Centro-Nord.
Quanto al credito d’imposta sulle spese “incrementali” in ricerca e sviluppo effettuate nel periodo 2015-2019, si ipotizza una quota di accesso delle imprese del Sud pari al 10% del totale delle agevolazioni stimate dalla Relazione Tecnica. Il che implicherebbe, per il Mezzogiorno, circa 350 milioni di euro per il quadriennio 2018-2021, contro gli oltre 3,1 miliardi assorbiti dal Centro-Nord.
Infine per la Sabatini-ter, si mette in evidenza che tra agosto 2015 e settembre 2016, il Mezzogiorno abbia assorbito il 10,2% delle domande, per cui le agevolazioni previste dovrebbero attestarsi nel Sud, intorno ai 56 milioni di euro – da ripartire nel settennio 2017-2023 – a fronte degli oltre 500 milioni destinati al Centro-Nord.