Industria 4.0, affondo dei sindacati: “Non bastano esperti, servono investimenti”

Cgil, Cisl e Uil in audizione alla Camera: “Necessaria una visione strategica di politica industriale da parte del governo e un confronto continuo con le parti sociali”

Pubblicato il 01 Mar 2016

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Una visione strategica di politica industriale, confronto con le parti sociali e investimenti. Sono questi i tre presupposti per favorire la digitalizzazione dell’industria italiana secondo i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl in audizione davanti alla commissione Attività produttive della Camera nell’ambito dell‘indagine conoscitiva su Industria 4.0.

“Il cuore del problema sono gli investimenti. Non vi potrà essere un ritorno ad un solido sviluppo se non ripartono gli investimenti”, afferma il segretario confederale della Fim Cisl Giuseppe Farina. Farina sottolinea in particolare la necessità di “accelerare la realizzazione delle infrastrutture fisiche sulla banda larga e ultra larga, piattaforma irrinunciabile per sviluppare Industry 4.0” e ricorda come, secondo un rapporto di Roland Berger, se l’Europa vuole raggiungere l’obiettivo del 20% di Pil da parte dell’industria nel 2030 deve investire 90 miliardi di euro per i prossimi 15 anni.

“Siamo di fronte a un vuoto enorme di politica industriale da parte del governo e del ministero dello Sviluppo che non è colmabile da un pool di esperti”, osserva per la Cgil Rosario Strazzullo evidenziando l’importanza di una strategia chiara e di confronto con i sindacati. Il ruolo delle parti sociali per la digitalizzazione dell’industria viene sottolineato anche dal dirigente della Uil Romeo Scarpari, convinto che “il processo di innovazione tecnologica e digitale debba essere gestito e indirizzato mediante la contrattazione collettiva e la partecipazione” per scongiurare il rischio di “scenari occupazionali gravissimi”. Pure il segretario confederale dell’Ugl Fiovio Bitti indica la necessità di mettere in campo degli strumenti per “guidare e monitorare il cambiamento”.

E’ più ottimistica, invece, la visione del segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, che ritiene la rivoluzione industriale 4.0 “un’opportunità per accrescere la produttività delle imprese italiane” e cita l’esempio della Fca di Pomigliano D’Arco come modello di transizione tra Industria 3.0 e 4.0 che ha visto migliorare le condizioni di lavoro.

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