Industria 4.0, così finisce il “diritto pesante” del lavoro

Un e-book di Adapt e dell’Associazione Amici di Marco Biagi spiega come cambiano le regole al tempo della quarta rivoluzione industriale: sussidiarietà e formazione continua al centro della svolta

Pubblicato il 19 Dic 2016

F.Me

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La quarta rivoluzione industriale mette la parole fine al “diritto pesante” del lavoro. Il perchè lo spiega l’e-book (clicca qui per scaricarlo) edito da Adapt, frutto delle riflessioni prodotte nel seminario promosso dall’Associazione Amici di Marco Biagi su “La fine del diritto pesante del lavoro nella quarta rivoluzione industriale“.

Nell’e-book sono allegati anche alcuni atti parlamentari dedicati alla innovazione del tradizionale quadro regolatorio in termini di sussidiarietà verso le parti negoziali e le professioni esperte.

“Le relazioni di lavoro sono qui analizzate nella loro funzionalità ai concreti obiettivi della sicurezza e della occupabilità delle persone come della competitività delle imprese, oltre i tradizionali “modelli” diventati spesso autoreferenziali – spiega il senatore Maurizio Sacconi presidente dell’Associazione Amici di Marco Biagi – Se nella prossimità le persone che intraprendono e lavorano si incontrano naturalmente per condividere il destino delle loro comunità d’impresa ed i relativi risultati, nelle dimensioni più ampie si organizza il nuovo welfare in ragione della sua sostenibilità”.

Il presupposto comune a tutti i contributi è la rivoluzione diffusa e geometricamente crescente nei modi di consumare, produrre, lavorare, ovvero nei modi di vivere, indotta dalle nuove tecnologie digitali. “Esse aprono all’uomo nuove praterie della conoscenza e dell’azione – puntualizza Sacconi – Possono diventare ragione di esclusione di molti dal lavoro ma questo destino non è per nulla scontato. Si tratta ancora una volta di governare le novità continue affinché risultino massimi gli effetti positivi e minimi quelli negativi”.

Secondo Sacconi la stessa fonte legislativa nel suo lento adattamento e nella sua rigida omogeneità deve limitarsi ad indicare i principi inderogabili lasciando ai duttili contratti la specifica regolazione degli interessi reciproci per obiettivi comuni. “Nella contrattazione è significativa la trasformazione che proprio i metalmeccanici hanno saputo fare del loro tradizionale contratto collettivo nazionale – spiega – Se ieri esso era uno strumento pesante e invasivo, che dettava alle più diverse imprese anche i minuti comportamenti e regolava incrementi retributivi egualitari, oggi è diventato soprattutto la cornice rivolta a capacitare e incoraggiare accordi adattivi di prossimità nelle aziende, nei territori, nelle filiere. In particolare, non solo indica la via con cui incrementare i salari collegandoli ai risultati anche ove non vi sono rappresentanze sindacali (e senza pretenderle), ma sollecita sperimentazioni che connettano il concreto accesso alle abilità e alle competenze con una interpretazione dinamica degli inquadramenti professionali. Le parti della più grande categoria industriale hanno quindi saputo transitare da meccanismi inibenti la vitalità locale a logiche esplicitamente sussidiarie che invocano condivisione, adattabilità e partecipazione”.

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