“Auspichiamo che l’emendamento alla manovra correttiva per prorogare di sei mesi la scadenza per le richieste di beni strumentali agevolabili con l’iperammortamento sia approvato. La domanda di beni strumentali si sta rilevando molto alta e dunque le aziende fornitrici potrebbero avere serie difficoltà a rispettare i tempi di consegna. Prorogare al 31 dicembre 2018 (dall’attuale 30 giugno 2018, ndr) consentirebbe di avere maggiore respiro per evadere tutti gli ordinativi”. Lo ha detto Stefano Firpo, direttore generale per la Politica industriale, la competitività e le Pmi del Mise, in occasione della convention annuale del Quadrato della Radio, l’associazione presieduta da Stefano Pileri.
L’appello è “last minute”: a quanto risulta la Ragioneria dello Stato non sarebbe intenzionata a dare il via libera, quindi la misura è seriamente a rischio. Ma non è ancora detta l’ultima parola. In occasione dell’evento dell’associazione, Firpo ha anche fatto il punto sull’evoluzione del Piano Industria 4.0. Centrale il tema delle infrastrutture abilitanti, ultrabroadband in pole position, per spingere la piena attuazione del Piano. “L’approccio deve essere fiber to the factory”, ha detto Firpo.
La partita si gioca, e non poco, sul campo delle reti: due terzi delle imprese italiane sono collocate nelle aree grigie – ha ricordato Firpo – e il 70% non ha connessioni adeguate ossia non può vantare su almeno 30 mbps. “Fra le direttrici di accompagnamento del Piano industria 4.0 ci sono le infrastrutture abilitanti – sottolinea Firpo -. Si punta a portare la banda ultralarga, almeno 30 mbps, al 100% delle aziende italiane nel 2020 e i 100 Mbps ad almeno il 50% delle aziende”. Certo la sfida non sarà semplice. C’è da fare i conti anche e soprattutto con il contesto di riferimento: “Non è facile fare programmi di politica economica con una struttura produttiva molto frammentata – ha detto Firpo -. Sono pochi i grandi player industriali e Ict in grado di guidare la trasformazione della manifattura italiana. E c’è un limitato numero di capi filiera in grado di coordinare il processo evolutivo e di integrazione delle catene del valore. Il sistema industriale italiano è fortemente basato sulle pmi e sono proprio queste aziende a necessitare del maggiore salto di produttività. Dobbiamo inoltre riuscire a catalizzare i centri di trasferimento tecnologico migliori puntando sulle eccellenze per non disperdere gli sforzi”.
Quattro, più in generale, le principali sfide che attendono il nostro Paese nell’ambito della rivoluzione industriale digitale: evoluzione della produttività e delle competenze, asset sempre più intangibili e controllo dati. “Potremmo trovarci in una situazione in cui all’aumento dei robot non corrisponda un aumento della produttività, dunque il processo evolutivo non è ancora chiaro. E soprattutto resta il dilemma della diffusione e dell’adozione delle nuove tecnologie fra le Pmi”, ha evidenziato Firpo. Sul fronte lavoro e competenze “il processo di adattamento è critico”. L’Italia è indietro sulle competenze Stem – ha ricordato il direttore Mise – ma il tema della formazione è importante al punto da rischiare di rappresentare il vero collo di bottiglia”. Nel nostro Paese, ha detto Firpo dati alla mano – ci sono solo 14 laureati su 1000 in materie stem e oltre 200mila studenti non frequentano né università né altra istruzione terziaria professionalizzante. Si evidenzia inoltre carenza di servizi di ricollocazione.
Altra sfida quella della dematerializzazione della produzione: “Dati e know how sono i veri driver dell’innovazione”, ha detto Firpo sottolineando inoltre che “la proprietà e la governance dei dati saranno fondamentali. E il controllo dei dati diventa un fattore prioritario anche rispetto alla dimensione d’impresa”.
Credits foto: Gianni Morè per Agenzia Della Nesta