Il Piano Calenda su Industry 4.0 “rappresenta la strada da tempo tracciata in Europa dove gli incentivi fiscali costituiscono il canale privilegiato per la promozione della innovazione e della competitività delle imprese”. E’ quanto si legge in un bollettino speciale di Adapt, l’Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali.
“Non parliamo peraltro – continua Adapt – di una novità assoluta per il nostro ordinamento. La stessa formulazione del credito di imposta per la ricerca contenuta nella legge di stabilità per il 2015 già avvicinava il nostro Paese alle migliori esperienze europee, come la Francia e l’Olanda identificate come ‘migliori pratiche’ da un denso studio condotto per conto della Commissione europea”.
Secondo l’Istituto, “rispetto alla miriade di interventi frammentati e di difficile attuazione – come accaduto nel recente passato con il bonus Monti-Passera per la ricerca, che si è rivelato un vero e proprio calvario burocratico per le imprese che ci hanno creduto – il recente bonus rappresenta un deciso e positivo passo in avanti nella direzione corretta, che ci attendiamo venga confermato dal Piano Calenda”.
Per Adapt, “l’introduzione di un Piano con questi contenuti potrebbe rivelarsi ancora più significativa rispetto alle dinamiche innescate da Industry 4.0 nei processi di produzione, rilevate in Italia da una recente indagine realizzata da una task force di Federmeccanica della quale fa parte anche Adapt”.
“Ciò se solo si avesse finalmente il coraggio – avverte – di affrontare il vero nodo dell’innovazione, che non dipende solo da imprese e incentivi ma da quelle persone che fanno ricerca in azienda e che oggi sono prive di qualsivoglia riconoscimento legislativo e di precisi percorsi di carriera”.
Secondo Adapt, “accanto a una robusta e decisa politica di incentivazione economica, la prima preoccupazione delle istituzioni e
della politica dovrebbe allora essere quella di contribuire alla costruzione di un vero e proprio sistema normativo e istituzionale della ricerca privata di pari dignità rispetto a quello pubblico già esistente”.
“Si tratta allora di costruire e incentivare – sostiene – un ecosistema della ricerca, funzionale alla mobilità intersettoriale dei ricercatori all’interno dell’area europea per la ricerca, che tenga conto delle competenze professionali così come delle dinamiche politico-istituzionali e delle infrastrutture presenti nei territori in cui vengono condotte le attività di innovazione. Veri e propri hub
o distretti della conoscenza ad alta densità di relazioni globali e capitale umano, come bene indica chi studia la nuova geografia del lavoro e i relativi fenomeni di cosiddetta agglomerazione”.
“È a queste istanze di riconoscimento e valorizzazione del lavoro di ricerca – a partire da quello dei tanti giovani collaboratori e dottorandi aziendali di Adapt – che vogliamo ora rispondere anche in termini normativi e di riconoscimento della relativa figura professionale che sta al cuore dell’ecosistema di Industry 4.0”, sottolinea.
“Rilanciamo pertanto -continua Adapt- la proposta di legge avanzata lo scorso anno da Adapt, grazie anche alle decisive sollecitazioni culturali e progettuali del Gruppo Bracco, che nel frattempo ha peraltro trovato accoglimento anche a livello parlamentare in due progetti di legge presentati nel corso della XVII legislatura e, precisamente, la proposta di legge n. 3654/2016 concernente l’introduzione della figura del ricercatore, e disciplina dell’attività di ricerca nel settore privato, e prima ancora, in chiave di Industry 4.0., il disegno di legge n. 2229/2016, d’iniziativa dei senatori Sacconi, D’Ascola e altri, ‘Adattamento negoziale delle modalità di lavoro agile nella quarta rivoluzione industriale'”.