Italia al 49° posto dell’indice del grado di tutela della proprietà. Il think tank Competere ha presentato ieri in un incontro dedicato ai suoi partner l’edizione 2017 dell’International Property Rights Index. L’Indice misura il grado di tutela della proprietà fisica ed intellettuale in 127 paesi attraverso diversi indicatori: è uno strumento che punta a comparare il grado di tutela della proprietà con la capacità di ciascuna regione di produrre innovazione ed essere competitiva sul mercato globale. L’Ipri è promosso dalla Property Rights Alliance, che raccoglie attorno a sé organizzazioni e think tanks capaci di sostenere in tutto il mondo la libera iniziativa e promuovere politiche a favore dell’innovazione.
La ricerca ha preso in considerazione 127 paesi che rappresentano complessivamente il 98% del Pil mondiale e il 94% della popolazione mondiale. Dai risultati emerge chiaramente che i paesi più impegnati nella tutela della proprietà sono anche quelli che crescono più stabilmente, sono più competitivi e producono maggiore innovazione. Tra le prime posizioni, la Nuova Zelanda è prima in assoluto, seguita dai Paesi Scandinavi e dalla Svizzera.
L’Italia si colloca invece al 49° posto, guadagnando una sola posizione rispetto al 2016 ma perdendone 9 rispetto al 2014. Rimane evidente il gap con gli altri stati membri del G20 come Canada, Germania, Stati Uniti, Francia, Giappone e Regno Unito.
I punti deboli italiani si riscontrano soprattutto nel settore giudiziario dove controllo della corruzione e indipendenza della giustizia fanno registrare un punteggio molto basso. Al contrario nella protezione dei brevetti e nella facilità burocratica ad accedervi l’Italia è ai primi posti al mondo grazie anche all’introduzione di strumenti come il Patent Box.
Nell’edizione 2017 della ricerca le performance dei paesi sono state valutate anche in correlazione al livello di imprenditoria globale, accesso alla rete internet, sviluppo umano, numero di ricercatori universitari e prestazioni ambientali.
“Nel 2017 l’Italia si colloca al 49° posto, guadagnando una posizione rispetto al 2016 ma perdendone 9 rispetto al 2014. Siamo ancora lontani, dunque, dai paesi che innovano e competono al meglio come Svizzera, Svezia, Finlandia, Norvegia e Lussemburgo e gli altri stati ad alto tasso di industrializzazione” afferma Pietro Paganini, Curiosity Officer di Competere. “Il Patent Box, il sistema fiscale opzionale per i redditi derivanti dall’utilizzo dei diritti di proprietà intellettuale, non ha dunque portato grandi miglioramenti nel quadro normativo italiano. In sintesi possiamo dire che è stato adottato un approccio incoerente che ha finito solamente per moltiplicare gli oneri di coloro che avrebbero voluto beneficiare del sistema”.
L’Indice include anche alcuni casi studio elaborati da esperti del settore che mostrano quanto possano essere diverse fra loro le tematiche relative alla proprietà intellettuale e in che modo si possa raggiungere un buon livello di progresso ed innovazione.