INTERNET OF THINGS

Anche l’arte ha il suo Iot: sensori sulle opere per il trasporto sicuro

Tutelare il patrimonio artistico, con “data logger” sui pezzi e sugli imballaggi, che ne monitorino durante il trasporto i fattori microclimatici, di shock e vibrazioni. E’ il progetto Safe Art, nato dalla collaborazione Mibact-Sapienza, ora pronto a sbarcare sul mercato

Pubblicato il 07 Set 2017

Antonello Salerno

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Opere d’arte più sicure grazie all’internet of things. Che si tratti di trasporti a lungo raggio, da una sponda all’altra dell’oceano, di spostamenti all’interno dello stesso museo o di piccoli tragitti funzionali ad esempio ad attività di restauro, il patrimonio artistico ha bisogno di essere trattato con estrema cautela. E per ridurre il più possibile i rischi nasce, dalla collaborazione tra il Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, l’università Sapienza di Roma e Wsense, spin-off dell’ateneo, il progetto Safe Art. L’obiettivo è di monitorare lo spostamento dei pezzi grazie a speciali “scatole nere”, i data loggers, in modo accurato e a basso costo, tenendo sotto controllo i parametri microclimatici, come l’umidità relativa e la temperatura, ma anche gli shock e le vibrazioni, con la possibilità di inviare alert in tempo reale nel caso di pericolo per l’incolumità dell’opera. Un sistema implementato nel corso degli ultimi due anni, che nella sua ultima versione consente anche il “tracking” in tempo reale degli spostamenti dell’opera, tramite un’app e via Web.

Quanto all’applicazione dei sensori collegati ai data loggers, sono racchiusi in piccoli gusci di resina che possono essere applicati e rimossi senza lasciare traccia su qualunque supporto, dal marmo alla pietra, dalla terracotta al metallo.

Il sistema è stato finora sperimentato su circa 40 “pezzi” di grande valore, tra i quali il Cratere di Eufronio, il Narciso di Caravaggio, la pietà Rondanini, il Cristo Borgognone, il Marcello e il Doriforo, alcuni affreschi pompeiani e la statua del faraone Ramses II.

“L’antenato tecnologico di Safe Art nasce con il progetto Europeo Genesi, con il quale abbiamo dato vita a un progetto per il monitoraggio strutturale, applicato principalmente alle grandi opere, come autostrade o ponti – spiega a CorCom Chiara Petrioli,

professore ordinario presso il Dipartimento di Informatica dell’Università Sapienza di Roma, dove è direttore del Sensor networks and embedded systems laboratory e coordinatrice del Cyber physical system lab del centro di Cyber intelligence e Information security – Il progetto ebbe successo, e fu messo in evidenza sul sito della commissione Ue, ottenendo una buona risonanza. Poi è nato l’accordo quadro con il Mibact e alcuni laboratori di Sapienza, per individuare i problemi aperti e fornire possibili soluzioni d’avanguardia applicati al patrimonio artistico. Nello specifico, dal momento che i nostri beni culturali sono unici e nel mondo c’è forte richiesta per poterli esporre, l’obiettivo che ci siamo posti è stato quello di garantire la salvaguardia delle opere, assicurandone allo stesso tempo una fruizione più ampia possibile”.

Chiara Petrioli

Il progetto, finanziato dalla Regione Lazio con Fondi regionali europei, è durato due anni, e ora è nella sua fase conclusiva: “Non ci abbiamo messo tanto a sviluppare il primo prototipo – sottolinea Petrioli – anche in virtù del fatto che nei nostri laboratori contiamo su competenze interdisciplinari e di alto livello. Ma nel corso del tempo abbiamo lavorato molto sul “fine tuning” della soluzione, sia per rispondere a requisiti che sono cambiati nel corso del tempo sia per migliorare le caratteristiche e l’accuratezza dei sensori integrati”.

Uno dei punti di forza di Safe Art è il costo, che riesce a essere estremamente contenuto, soprattutto se si considerano i sistemi, tra l’altro spesso meno accurati, che erano in campo fino a oggi: “Il nostro obiettivo – prosegue Petrioli – era mantenere lo stesso livello dei sistemi già esistenti, e se possibile di migliorarlo, con costi però più bassi. Man mano dai semplici sensori applicati sulle casse siamo arrivati a quelli sulle opere, tutto in wireless, e dal monitoraggio sul singolo punto a quello su più punti, fino all’analisi dei dati in tempo reale, con tool specifici per l’analisi automatica dei dati. Il costo principale di queste soluzioni non sta tanto negli apparati tecnologici, che ormai vengono prodotti a prezzi abbordabili, ma nel costo del capitale umano nella fase di progettazione. E su questo siamo vincenti, perché siamo una struttura pubblica con personale altamente qualificato, in grado di mettere a punto progetti complicati con accuratezza e velocità”.

Al di là del monitoraggio delle singole opere e dei singoli spostamenti, poi, il progetto Safe Art ha un importante risvolto in ambito big data: raccogliendo infatti le informazioni su ogni singola operazione si crea una banca dati che consente, una volta analizzati e integrati i risultati – pur rispettando l’unicità di ogni opera – di mettere a punto valutazioni oggettive sui livelli di rischio, e di progettare imballaggi volta per volta sempre più efficaci, con ricadute sull’abbassamento dei costi di trasporto e di assicurazione.

Il prossimo passo per Safe Art sarà quello dello sbarco sul mercato: “Ci sono già state diverse manifestazioni di interesse – conclude Petrioli – ma questa fase per il momento è ancora soltanto agli inizi”.

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