Il 2021 è stato un anno di forte crescita per l’Internet of Things in Italia. Il mercato ha infatti registrato un incremento del 22% rispetto al 2020, raggiungendo un valore di 7,3 miliardi di euro, al di sopra dei livelli pre-Covid (valeva 6,2 miliardi di euro nel 2019). E, in parallelo, si evolve l’offerta di soluzioni IoT con nuovi servizi di valore, grazie alle grandi quantità di dati raccolti da oggetti connessi: non a caso, il valore dei servizi raggiunge quota 3 miliardi di euro, circa il 40% del mercato IoT complessivo, +25% rispetto al 2020.
Gli oggetti connessi attivi in Italia sono 110 milioni, poco più di 1,8 per abitante. A fine 2021 si contano 37 milioni di connessioni IoT cellulari (+9% rispetto al 2020) e 74 milioni di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+25%). Tra queste, una spinta significativa arriva dalle reti Lpwa (Low Power Wide Area) che raddoppiano in un solo anno, passando da 1 a 2 milioni di connessioni. La spinta maggiore, sul mercato viene data proprio delle applicazioni che utilizzano tecnologie di comunicazione non cellulari, 3,9 miliardi di euro, +30%. Crescita più contenuta, +6% a 3,4 miliardi di euro, invece, per le applicazioni che sfruttano la connettività cellulare.
A dirlo è la ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi durante il convegno “Guardare oltre la ripresa: strategie e investimenti per l’Internet of Things”. Lo studio evidenzia anche grandi opportunità determinate dal Pnrr: molti degli investimenti previsti all’interno del Piano – dalla Smart Factory alla Smart City, passando per lo Smart Building e l’Assisted Living – riguardano ambiti in cui l’Internet of Things può giocare un ruolo chiave, per circa 30 miliardi di euro di risorse complessive.
Il contributo del Pnrr per l’Internet of Things
Più precisamente, in totale le risorse all’interno del Pnrr che potranno interessare il settore dell’Internet of Things ammontano a 29,78 miliardi di euro. Di questi, 14 miliardi sono stanziati per ambiti che riguardano la Smart Factory, 4 miliardi per l’Assisted Living, in particolare per quanto riguarda la telemedicina. Il tema Smart City è toccato all’interno di varie Missioni, con 2,5 miliardi di euro in Rigenerazione Urbana (Missione 5), altri 2,5 miliardi per la Gestione del rischio di alluvione e del rischio idrogeologico (Missione 2). 900 milioni per una Rete idrica più digitale, con l’obiettivo di ridurre le perdite e ottimizzare i consumi. Anche l’ambito Smart Building è presente in maniera trasversale: i temi toccati sono l’efficienza energetica e la sostenibilità. E sempre all’interno di questo ambito rientra parte degli investimenti destinati alle Smart Grid: 3,6 miliardi per migliorare l’efficienza della rete e aumentarne la capacità, così da favorire, ad esempio, il passaggio a riscaldamento e raffrescamento con pompe di calore e, in generale, una migliore gestione della produzione distribuita di energia elettrica.
Accanto a questi ambiti principali, ulteriori interventi sono legati indirettamente alle tecnologie Internet of Things, per consolidarne l’infrastruttura abilitante, come i quasi 7 miliardi di euro previsti per le reti ultraveloci (banda ultra-larga e 5G), agli 8,4 miliardi destinati al rinnovo di mezzi di trasporto quali treni, autobus e navi, o ancora ai 4,8 miliardi per la digitalizzazione della logistica.
L’evoluzione dell’Industrial IoT
L’Osservatorio ha condotto un’indagine che ha coinvolto 95 grandi imprese e 302 Pmi italiane in ambito Industrial IoT, da cui emerge che ben l’80% delle grandi aziende ha attivato servizi a valore aggiunto basati sull’Internet of Things (+4% rispetto al 2020). “In due aziende su tre”, evidenzia Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things, “il contesto legato al Covid ha avuto ripercussioni sulle decisioni di investimento in nuovi progetti di Industrial IoT. Il 36% delle grandi imprese e il 40% delle Pmi ha deciso di aumentare gli investimenti. Una percentuale più bassa, rispettivamente il 31% e il 23%, ha invece ridotto il budget destinato a questi progetti. Il fatto che sia maggiore il numero delle imprese che ha deciso di investire costituisce un segnale incoraggiante, che può essere in parte attribuito anche agli ingenti investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in area Industria 4.0”.
Tuttavia, se da un lato le grandi aziende hanno ben chiare le potenzialità di tali misure (il 70% ritiene che il Pnrr porterà grandi opportunità per investire in tecnologie IoT), dall’altro le Pmi non sanno fornire un parere in relazione a tale tematica (28% del campione), dimostrando ancora una certa distanza rispetto al tema. La dimensione aziendale determina anche il livello di conoscenza delle applicazioni di Industrial IoT. Se infatti il 96% delle grandi aziende che hanno partecipato all’indagine dichiara di conoscere le soluzioni IoT per l’Industria 4.0, solo il 46% delle Pmi ne ha sentito parlare. Il 69% delle grandi aziende ha avviato almeno un progetto, mentre solo il 27% delle Pmi ha fatto altrettanto. Rispetto al 2020 si registra una lieve riduzione del gap esistente tra grandi imprese e Pmi in termini di conoscenza (-3%) e a un lieve aumento per quanto riguarda la diffusione dei progetti (+3%), segnali che evidenziano come le Pmi non riescano ancora a dare una svolta decisiva verso l’innovazione in ottica 4.0.
Le tecnologie a disposizione
Le tecnologie Low Power Wide Area (Lpwa) in banda non-licenziata sono sempre più adottate per lo sviluppo di soluzioni IoT in virtù di una maturità tecnologica che si sta consolidando e di una diffusione sempre più ampia. “Il 2021 è stato un anno rilevante per le tecnologie LoRaWan e SigFox”, spiega Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio, “LoRaWan è stato formalmente riconosciuto come standard dall’International Telecommunication Union (Itu-T), il principale ente di standardizzazione delle tecnologie di comunicazione, mentre SigFox ha lavorato per consolidare la sua presenza sul mercato e sul dispiegamento di nuove reti.”.
Sul fronte dell’interoperabilità, prosegue l’evoluzione delle tecnologie abilitanti e il rafforzamento degli ecosistemi. In particolare, nel corso del 2021 si è consolidato lo sforzo delle aziende membri della Connectivity Standard Alliance (Csa) verso la stesura delle specifiche di Matter, il nuovo protocollo per l’interoperabilità della Smart Home, seppur in ritardo sulla timeline definita nel 2020. Le prime dimostrazioni, presentate al Ces di Las Vegas a inizio 2022 testimoniano il buon livello di avanzamento delle specifiche definite ad oggi e la crescente maturità della tecnologia a supporto degli standard presenti sul mercato.