La sfida Industria 4.0: dal piano Calenda all’impatto sulle imprese

Le quattro direttrici strategiche sono funzionali allo sviluppo dell’industria italiana: incentivi fiscali a sostegno di investimenti in asset produttivi e di iniziative di R&S, misure a sostegno di ricerca, innovazione e nuova imprenditorialità, infrastrutture abilitanti, formazione e competenze

Pubblicato il 29 Set 2016

Mercoledì 21 settembre, dopo molti mesi di attesa, il governo ha presentato il Piano Nazionale Industria 4.0, un piano che incarna una sfida importante per l’Italia: quella di rimettersi al centro della scena tra le potenze industriali, e di farlo nel bel mezzo della quarta rivoluzione industriale. È una vera sfida, perché l’Italia non corre da sola: ormai quasi tutti i principali paesi manifatturieri al mondo hanno scommesso su questa nuova trasformazione, ognuno concependo un percorso specifico per le caratteristiche del proprio tessuto industriale e manifatturiero. Come secondo paese manifatturiero d’Europa, l’Italia non poteva perdere altro tempo per provare a risollevare la competitività delle proprie imprese in un settore strategico, ed ora l’attesa è finita.

Il piano presentato delinea interventi su quattro direttrici strategiche, funzionali allo sviluppo dell’industria italiana: incentivi fiscali a sostegno di investimenti in asset produttivi e di iniziative di ricerca e sviluppo, misure a sostegno della ricerca, dell’innovazione e della nuova imprenditorialità, infrastrutture abilitanti, formazione e competenze. Trasversale a queste direttrici, vi sarà un lavoro di sensibilizzazione verso imprese, istituzioni e opinione pubblica sull’importanza strategica che la modernizzazione del sistema manifatturiero riveste per la crescita economica del paese. Nel suo complesso, è un programma articolato, ben finanziato (secondo i dati resi pubblici, si colloca al vertice tra gli stanziamenti dichiarati da governi europei), che armonizza bene azioni di breve e di medio termine, e che, se velocemente implementato, darà la spinta che serve perché il nostro paese recuperi il ritardo che oggi ci separa dalle più grandi manifatture europee, in primis la Germania.

A questo programma vorremmo dedicare diversi approfondimenti, entrando nel merito delle principali azioni previste.

L’azione di maggiore impatto, anche per l’entità della misura, è l’incentivo fiscale che il piano stabilisce a favore dei progetti di innovazione digitale. Con l’obiettivo di incrementare di 10 miliardi di euro (passando da 80 a 90 mld l’anno) gli investimenti privati su tecnologie innovative, il piano stabilisce una nuova soglia di superammortamento, pari al 250%, nonché favorevoli finestre temporali per la sua concessione. Un incentivo di questa entità è una vera sorpresa – positiva – che lascia contenti tutti gli addetti del settore. In primo luogo, data la portata dell’incentivo, ci attendiamo una risposta molto pronta, che verrà soprattutto, e forse giustamente, dalle imprese sane che possono beneficare appieno del beneficio fiscale. Non ancora nota quale sarà la lista degli investimenti ammissibili ma, come emerso dalla Ricerca 2016 dell’Osservatorio Smart Manufacturing, vi è una comunque forte componente di indotto nei progetti di digitalizzazione della manifattura: ad esempio, fatto 100 il valore medio di un progetto osservato nel 2015, il peso medio della spesa in hardware (macchinari e sistemi) si attesta al 25% circa, il resto essendo distribuito tra software, integrazione e altri servizi a valore aggiunto. Indirizzando correttamente l’incentivo, pertanto, si può generare un effetto leva molto importante.

Un altro motivo per cui crediamo che questo incentivo sarà molto bene accolto è che, come emerso nella scorsa edizione della nostra ricerca, quasi il 50% dei rispondenti aveva indicato come prioritario, tra le molteplici alternative, lo stanziamento di incentivi da parte del governo per l’ammodernamento di impianti e macchinari. Nella medesima indagine, il 60% delle aziende rispondenti ha dichiarato un’età media del parco macchine superiore ai 10 anni, e addirittura ai 20 anni in quasi il 15% dei casi! È vero che con le nuove tecnologie Industrial Internet e con le nuove piattaforme IoT acquisire dati da macchinari non nativamente sensorizzati non è più una barriera insormontabile, ma in generale il livello di controllo sul dato e le prestazioni dei macchinari sono sensibilmente evoluti nell’ultimo decennio, e questo incentivo aiuterà non solo la trasformazione digitale, ma la competitività in ampio delle imprese italiane.

Un altro aspetto, sottolineato anche dal ministro Carlo Calenda nell’immediatezza della pubblicazione del piano, è che questa iniziativa abbandona lo schema del bando: all’impresa viene esplicitamente accordata fiducia, riconoscendole la qualità di migliore conoscitrice dell’ambiente competitivo in cui essa opera. Il piano non destina dunque le risorse a questo o quel settore, questa o quella tecnologia, questa o quella dimensione di impresa, ma lascia che la dinamica competitiva, da un lato, e le azioni a sostegno di una accresciuta consapevolezza, dall’altro, determinino la domanda delle risorse. Le eccellenze nazionali, che ci sono e sono numerose in Italia sapranno sfruttare appieno le opportunità offerte da questo piano per rafforzarsi competitivamente; parimenti, le piccole medie imprese dovranno riflettere sull’importanza della scala per competere, e dovranno cogliere questa occasione per rafforzare il legame con gli attori “capofiliera” che sono quasi sempre i veri portatori di innovazione, in primis nelle pratiche gestionali. Anche questo è un segno importante di cambiamento.

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