“Sulle telecomunicazioni è giunto il momento di fare scelte chiare e definitive. Non possiamo continuare a inseguire un modello nel quale, partendo da un oggettivo ritardo infrastrutturale nelle reti di nuova generazione, si pensa sia ora possibile realizzarne addirittura due. Anche questo è un lusso che il Paese non si può permettere”. Così in una nota i segretari generali Fabrizio Solari (Slc Cgil), Vito Vitale (Fistel Cisl) e Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil).
“Le risorse impegnate nell’operazione Open Fiber– proseguono i tre dirigenti sindacali – possono essere più utilmente destinate alla ricapitalizzazione di Tim, con conseguente costituzione di un nucleo stabile di controllo che indirizzi l’azienda a garantire gli investimenti necessari allo sviluppo del Paese anche nell’ottica del piano industria 4.0”.
“Per questa via – concludono Solari, Vitale e Ugliarolo – si porrebbe inoltre fine allo stucchevole balletto sulla Golden power e sulle supposte esigenze di sicurezza nazionale, riconducendo Tim al controllo pubblico e rilanciando la sua naturale missione di presidiare e guidare lo sviluppo infrastrutturale del settore, garantendo anche al nostro paese la presenza di un grande operatore integrato delle telecomunicazioni, cosi come avviene in tutti gli altri paesi europei”.
Ieri a chiedere il rientro dello Stato in Tim erano stati 4 storici top manager della compagnia: Francesco Chirichigno (Ad dal 1994 al 1997), Vito Gamberale (Ad di Sip, dg di Telecom e Ad di Tim tra il 1991 e il 1998), Umberto de Julio (Ad e dg di Tim nel 1998), Girolamo Di Genova (32 anni nel gruppo fino al 1998 quando ha lasciato la compagnia come responsabile della Direzione Business e con la qualifica di condirettore generale). Secondo i manager l‘ingresso, tramite Cdp, “sarebbe il miglior suggello al recupero di un ruolo e di una attiva collaborazione per accelerare lo sviluppo della società in coerenza con la politica industriale del Paese”.
I manager scrivono una lettera aperta, anticipata dal Corriere della Sera, indirizzata al Governo e alla stessa Tim. “Siamo però convinti che per una netta inversione di tendenza sia indispensabile partire da un confronto trasparente e costruttivo con le Istituzioni” è l’invito. “L’apporto di Tim è fondamentale per gli obiettivi di politica industriale del Paese in tema di Agenda Digitale e Industria 4.0. Ma allo stesso tempo lo sviluppo di Tim non può prescindere dal supporto e dall’attenzione del Governo, negli ultimi vent’anni abbastanza distratto sul tema”, scrivono i quattro manager.
Intanto è stata di nuovo rimandata la decisione del comitato di governo sull’attivazione del golden power. La riunione, che doveva essere ieri, si terrà giovedì 28 settembre a Palazzo Chigi. Il team è chiamato a stabilire se la posizione di Vivendi nel colosso tlc possa far scattare i poteri speciali del governo sugli asset strategici (il cosiddetto golden power). Vivendi avrà fino a 90 giorni per difendere le sue ragioni. Poi la palla passerà di nuovo al governo il cui comitato ha anche deciso che Inwit è controllata dal colosso media francese.
Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda a margine del G7 dell’industria, ha detto che “ci sono gli estremi per esercitare la golden power”. “C’è necessità di notificare il controllo (da parte di Vivendi, ndr) e per quanto riguarda la sicurezza esiste un tema reale che va gestito in modo equilibrato e assolutamente non punitivo”, ha chiarito.