Rendere cedibili i crediti di imposta per la Transizione 4.0. È quanto ha chiesto Unimpresa con una lettera inviata al governo. I crediti d’imposta, introdotti con la precedente manovra, sono relativi a diverse tipologie di beni agevolabili, alle imprese residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, che, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d’impresa, effettuino investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate in Italia, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2022.
“Tali attività, finalizzate al miglioramento della produttività delle imprese – si legge nella lettera – costituiscono uno degli obiettivi fondanti del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e richiedono, conseguentemente, investimenti connessi principalmente alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica. Inoltre, il programma Next generation Eu (Ngeu) rappresenta per l’Italia un’opportunità imperdibile per realizzare quegli investimenti indispensabili a rafforzare e a modernizzare il sistema produttivo e a far crescere l’occupazione, anche attraverso la ripresa del processo di convergenza verso i Paesi più ricchi dell’Unione Europea”.
Ma come evidenzia la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara “gli investimenti privati, anche in ragione del persistere dell’emergenza sanitaria, risultano ostacolati dalla mancanza di liquidità, dal ridotto capitale proprio, dall’aumento dell’indebitamento e dal peggioramento degli indici di bilancio che, inevitabilmente, ridurranno la capacità di accesso al credito bancario delle imprese”.
“In particolare, considerando la composizione del tessuto imprenditoriale nazionale, le piccole e medie imprese hanno avuto la necessità di ricorrere a un maggior indebitamento per far fronte ad una crisi imprevedibile – osserva Ferrara – Per cui, risulta evidente l’esigenza di assicurare la massima liquidità alle imprese, anche favorendo temporaneamente l’accesso a fonti finanziarie innovative, rispetto al passato, vista la straordinarietà dell’emergenza pandemica. In questo quadro, quindi, le misure di incentivazione fiscale rappresentano un tassello fondamentale della strategia nazionale complessiva, tesa ad aumentare la produttività, la competitività e la sostenibilità delle imprese italiane”.
“I vantaggi di questa misura sarebbero evidenti: la monetizzazione immediata del credito d’imposta, l’accelerazione della transizione ecologica e tecnologica, l’aumento della capacità di finanziamento, la riduzione del rischio di credito del sistema bancario, la creazione di nuova occupazione, soprattutto giovanile, dato che gli investimenti oggetto di agevolazione sono di maggiore interesse dei giovani, ovvero digitalizzazione, innovazione tecnologica e informatica”, conclude la presidente.
Transizione 4.0, cosa prevede la manovra 2022
Ritocchi alla Nuova Sabatini nell’ultima versione della legge di Bilancio. Le correzioni al testo prevedono un taglio delle risorse: si passa da 1080 milioni fino al 2026, stabilito nella prima versione, ai 900 milioni fino al 2027. Passo indietro anche sul meccanismo di erogazione dei contributi statali che abbattevano il tasso di interesse dei finanziamenti bancari per l’acquisto o il leasing di beni strumentali e software. Viene infatti ripristinata l’erogazione in più quote e la possibilità di ricevere tutto in un’unica volta se il finanziamento supera i 200mila euro.
Sbloccato il bonus investimenti al Sud ma non oltre il 2022.
Il credito di imposta per i beni strumentali digitali (ex iperammortamento) attualmente in vigore fino al 2022 viene prorogato al 2025 (con coda a giugno 2026 per le consegne): il bonus sarà del 20% per investimenti fino a 2,5 milioni e del 10% oltre i 10 milioni e fino a 20. Si tratta di un dimezzamento rispetto alle aliquote previste per il 2022. Per quanto riguarda il credito di imposta in R&S viene prorogato fino al 2031 ma con aliquota ridotta dal 20% al 10% con tetto innalzato però a 5 milioni.
Le altre partite relative alla politica industriale, come spiega Il Sole 24 Ore, sono rimandate all’esame delle Camere. In lista d’attesa ci sono i contratti di sviluppo, il fondo Ipcei per i progetti che hanno portata europea come quelli reaktivi ai chip e al cloud e le risorse per l’aerospazio.