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Digital transformation, accelerano le medie imprese italiane



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Il report Mediobanca-Istituto Tagliacarne: investimenti al rialzo da parte dell’82,6% delle aziende entro il 2026. Il 42% è però afflitto dalla carenza di competenze. Meno del 6% utilizza l’intelligenza artificiale, ma si balzerà al 37% in tre anni

Pubblicato il 25 giu 2024



Transizione Pnrr

Prosegue il cammino verso la transizione digitale delle medie imprese: l’82,6% ha investito in tecnologie 4.0 nel triennio 2021-2023 o lo farà entro il 2026. Tra i principali investimenti in innovazione si segnalano quelli in macchinari, attrezzature e impianti tecnologicamente avanzati che hanno riguardato il 77,7% delle medie imprese, seguiti dalle migliorie di prodotto e processo (69,6%) e dallo sviluppo di software e database operativi (51,3%). Ma ancora una volta il principale ostacolo all’innovazione è rappresentato dalla mancanza di personale competente: se ne lamenta il 42,7% delle aziende.

È quanto emerge nel XXIII Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “La competitività delle medie imprese tra percezione dei rischi e strategie di innovazione” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere. Secondo il report, al momento sono ancora poche le imprese che utilizzano l’intelligenza artificiale (solo il 5,8%), ma il 37,9% prevede di cominciare ad adoperarla nel prossimo triennio. Nello stesso arco di tempo, l’80% delle Mid-Cap prevede di investire in attività innovative volte all’efficienza e al risparmio energetico, confermando un ruolo primario anche nella transizione verde. In particolare, il 49,8% delle imprese green sta investendo in tecnologie strategiche per la neutralità climatica (Net-Zero).

La burocrazia frena all’uso del Pnrr

Avvalersi delle risorse del Pnrr è fondamentale per una buona parte degli imprenditori che puntano alla duplice transizione. A dirlo è il 41,2% delle società che intendono investire in digitale e il 34% di quelle che hanno in programma di puntare sul green. Ma l’eccessiva burocrazia è per il 59,1% un ostacolo all’utilizzo del Piano. Anche per questo, un quinto delle medie imprese dichiara la necessità di dover ricorrere all’assistenza tecnica da parte delle istituzioni.

Lo sprint delle medie imprese

Le medie imprese industriali italiane rappresentano una realtà produttiva composta nel 2022 da poco più di 4.000 imprese che da sole rappresentano il 16% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 15% del suo valore aggiunto, il 14% delle esportazioni e il 13% degli occupati totali. Tra il 2019 e il 2021, ovvero rispetto al periodo pre-Covid, queste realtà hanno registrato un aumento medio del 5,6% del fatturato (contro il +4% del resto delle manifatturiere), del 4,6% delle esportazioni (contro il +4,2%) e dell’1,1% della forza lavoro (contro il +0,01%). Nel 2022 la crescita è proseguita a conferma di un trend che dura da 27 anni. Esse sono già avanti sul cammino della transizione digitale: l’82,6% ha investito o investirà dal 2021 al 2026 in tecnologie 4.0 e il 37,9% adotterà l’Intelligenza Artificiale nei prossimi tre anni, soprattutto per migliorare l’efficienza interna; mentre il 69,6% ha investito o investirà in green nel periodo considerato.

Stiamo parlando di eccellenze del made in Italy alle prese con un contesto competitivo oggi particolarmente sfidante: dopo un 2023 all’insegna della stabilità (+0,1% le vendite), per quest’anno le attese sono di un calo dell’1,2%. Alcune medie imprese rimangono ottimiste: quelle che operano nell’alta gamma – ovvero il 37,1% del totale – stimano una crescita delle vendite nell’ordine dell’1,8% in linea con il 2023. Mismatch tra domanda e offerta di lavoro, riduzione dei margini, competizione sui prezzi, approvvigionamento delle materie prime sono tra le principali difficoltà lamentate dalle imprese. Anche per questo una media impresa su due chiede all’Unione Europea di garantire la sicurezza energetica.

Mismatch al top delle preoccupazioni: necessario assumere stranieri

La forza lavoro delle medie imprese conta 555.580 dipendenti (il 25,8% sono donne e il 18% under 30). La difficoltà a reperire profili professionali adeguati è per il 51,6% delle medie imprese in cima alle criticità incontrate nel 2023. Anche per questo, il 52,5% ha assunto o assumerà entro i prossimi tre anni lavoratori extra-Ue. In particolare, la richiesta di stranieri è orientata principalmente all’acquisizione di operai specializzati (68,7%). Tra le altre principali difficoltà fronteggiate nel 2023 dalle imprese, il 43,5% ha subìto una riduzione dei margini, il 36,1% la competizione sui prezzi, il 33% il mancato utilizzo della propria capacità produttiva a causa del ridotto potere d’acquisto dei clienti, il 26,2% problemi dovuti all’approvvigionamento di materie prime. Proprio per superare le problematiche legate alla supply chain, più della metà delle medie imprese punta a diversificare i fornitori, mentre circa una su tre intende rafforzare la collaborazione con i fornitori attuali (30,7%).

Sicurezza energetica in cima alle richieste rivolte all’Ue

Per superare alcune delle principali criticità, le medie imprese vedono nell’Unione Europea un importante alleato. In particolare, il 51,2% di queste realtà produttive ritiene che l’Ue debba garantire la sicurezza energetica, il 45,5% una maggiore tutela dalla concorrenza sleale dei Paesi extra-Ue, il 32,2% accordi internazionali per la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime. Mentre un’impresa su quattro vorrebbe che l’Unione potenziasse il mercato unico facilitando gli scambi tra gli Stati membri.

L’alta gamma continua a premiare

Dal 1996 le vendite delle medie imprese sono cresciute del 187,7%, superando nettamente le grandi (+130,8%). Il loro prezioso contributo allo sviluppo del Paese è ancor più evidente se si considera che il recupero medio sul pre-Covid (2019-2021) è stato migliore di quello messo a segno dal resto della manifattura italiana, tanto nel fatturato (+5,6% vs il +4%), quanto nelle esportazioni (+4,6% vs +4,2%), nel valore aggiunto (+5,6% vs +4,4%) e nella forza lavoro (+1,1% vs +0,01%). Il 2022 ha visto crescere ulteriormente il fatturato (+17,1% nominale, +2,9% a valori reali) con le vendite oltreconfine in aumento del 16,2% (3,6% deflazionato). Esse confermano dunque la grande capacità di adattamento che le ha rese meno sensibili agli shock, ma guardano al futuro con cautela. Le incertezze del contesto competitivo hanno portato il 2023 a chiudere con vendite invariate (+0,1%) ed esportazioni in lieve incremento (+0,5%). Le prospettive per il 2024 sono invece di un calo contenuto del fatturato (-1,2%), più acuto sui mercati esteri (-4%) soprattutto per alcuni comparti dell’alimentare, per il metallurgico e per i settori diversificati. Note positive vengono dagli operatori dell’alta gamma (il 37,1% del totale) che hanno congedato il 2023 con vendite in incremento dell’1,8% e che si attendono una crescita di pari entità per il 2024.

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