Tra il 2023 e il 2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (il 65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di due milioni di occupati (il 56% del totale). Un fenomeno che monterà anche sulla spinta degli investimenti del Pnrr, il cui effetto espansivo dipenderà, però, dalla possibilità di superare le criticità nel reperimento di personale sia in termini di shortage gap che di skill gap.
Criticità che – quando sono sperimentate dal comparto pubblico – incidono evidentemente in maniera indiretta su tutta l’economia. In questo contesto sarà strategico investire sulla formazione e sul reclutamento dei dipendenti pubblici – tra cui gli specialisti necessari per realizzare le attività nell’ambito del Pnrr – in vista del fabbisogno previsto per il prossimo quinquennio di 738 mila unità nella PA. Oltre il 90% riguarderà la componente di replacement, ovvero circa 676 mila dipendenti pubblici dovranno essere sostituiti tra il 2023 e il 2027.
Lo studio di Unioncamere
A dirlo è Unioncamere, che ha stimato i costi per i diversi settori dell’economia derivanti dal minor valore aggiunto prodotto a causa dell’inserimento ritardato delle professioni difficili da reperire. Considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra due e 12 mesi, si è stimata per il 2022 una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro, pari al 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi inserite nel campo d’osservazione dell’indagine Excelsior. La stima è contenuta nel report sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” aggiornato al quinquennio 2023-2027, elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, realizzato per l’appunto da Unioncamere in collaborazione con Anpal. Le filiere produttive per cui si è stimato un costo maggiore a causa dell’inserimento ritardato dei lavoratori ricercati sono state quelle dei servizi operativi, commercio e turismo, costruzioni e infrastrutture, settori con un elevato turnover occupazionale legato anche ai fattori stagionali.
Il costo del mismatch rischia di aumentare nei prossimi anni in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: la transizione digitale e green e l’andamento demografico.
La domanda e l’offerta formativa per il prossimo quinquennio
Si stima che tra il 2023 e il 2027 il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale in possesso di una formazione terziaria (laurea o diploma Its Academy), il 48,1% profili in possesso di un diploma di tipo tecnico-professionale.
Dal confronto tra domanda e offerta di lavoratori con una formazione terziaria emerge nel complesso un’offerta insufficiente a coprire le necessità del sistema economico per 9mila unità all’anno, ma questo saldo nasconde differenze significative tra i diversi ambiti di studio. Nel dettaglio, si prevede che nel prossimo quinquennio risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12 mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8 mila unità annue) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline Stem (6 mila unità annue). In particolare in queste discipline, si osservano i mismatch più critici nell’ambito delle scienze matematiche, fisiche e informatiche e in quello ingegneristico.
Considerando nell’insieme gli indirizzi della formazione secondaria di secondo grado tecnico-professionale, si stima che l’offerta formativa complessiva riuscirebbe a soddisfare solo il 60% della domanda potenziale nel prossimo quinquennio, con i mismatch più critici per gli ambiti di studio relativi a trasporti e logistica, costruzioni, sistema moda e meccanica, meccatronica ed energia, per cui si prevede che tra il 2023 e il 2027 l’offerta potrebbe coprire circa meno di un terzo della domanda potenziale.
Per la prima volta in questa edizione dello studio vengono presentate le previsioni occupazionali anche a livello regionale, da cui emerge l’ampio fabbisogno della Lombardia, che necessiterà nel 2023-2027 di oltre 714mila occupati (il 19% del totale nazionale), seguita da Lazio (379 mila unità), Veneto (346mila unità) ed Emilia Romagna (quasi 336 mila unità).
La spinta del Pnrr
La difficoltà di reperimento del personale nel 2022 ha riguardato il 40% delle assunzioni e tenderà come detto ad aumentare ulteriormente anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto degli investimenti Pnrr.
Gli investimenti del Pnrr, infatti, saranno nei prossimi anni tra i fattori determinanti per la crescita dell’economia e dell’occupazione. Dalle stime sull’impatto del Pnrr, quattro filiere appaiono maggiormente trainate dai fondi europei: costruzioni e infrastrutture dovrebbe assorbire il 21% del flusso di occupati complessivi che sarà attivato grazie al Pnrr, il 18% turismo e commercio, il 16% i servizi avanzati e il 13% formazione e cultura. Il Pnrr intensificherà anche la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale.