L'INTERVENTO

Competenze digitali, Deiana: “Il paradigma della diversità sarà la chiave”

In un mondo iper-diversificato e “ineguale”, fare rete sarà un valore inestimabile. Anche se robotica e AI si faranno invasive, le soft skills faranno parte degli aspetti “irriproducibili” che qualificheranno comunque i lavoratori. L’analisi del presidente di Confassociazioni

Pubblicato il 30 Gen 2019

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Dove va il mercato del lavoro e delle professioni? Una domanda a cui non è semplice rispondere: siamo in un mondo veloce, complesso e rischiosissimo perché disruptive. Quando uno ha figli un brivido corre lungo la schiena. Come sarà il mercato del lavoro in Italia e in Europa, magari tra 10 anni? Glielo racconta il World Economic Forum: il 65% dei bambini che iniziano ad andare a scuola in questi anni, quando termineranno il ciclo di studi, faranno un lavoro che ora non esiste. Una rivoluzione straordinaria per le persone, sia nella loro sfera individuale e sociale che lavorativa. E’ la nuova rivoluzione digitale, quella dei social, della mobility e della cybersecurity.

Senza dimenticare la velocità con cui tutto sta avvenendo perché le vecchie rivoluzioni erano lente, si sviluppavano in un arco temporale fuori dalla normale aspettativa di vita delle persone. La rivoluzione digitale si gioca, invece, in un tempo molto più breve della nostra vita professionale media. Una sola conseguenza: il rischio di diventare rapidamente obsoleti è altissimo. L’Istat ci dice che, in Italia, ci sono quasi 9 milioni di posti di lavoro a rischio di sostituzione da parte delle macchine nei prossimi 5-7 anni.

Fin qui il lato oscuro del Mondo 5.0. Poi, però, c’è anche il lato positivo. Lo stesso World Economic Forum ci dice che, entro il 2022, intelligenza artificiale e robot creeranno 133 milioni di posti di lavoro, a fronte dei 75 milioni che si andranno a perdere proprio a causa dell’utilizzo di queste nuove tecnologie. Mentre nel 2018, il 71% delle ore lavoro è stato svolto da persone e il 29% dalle macchine, entro i prossimi 4 anni la proporzione cambierà verso un rapporto 58% – 42%, che vedrà le macchine in grande crescita.

E non è detto che ci si riferisca ad attività di fascia bassa. In molti grandi studi legali degli Stati Uniti, per esempio, il compito di verificare la ricerca dei casi simili, è già affidato oggi a Watson, l’intelligenza artificiale di Ibm. E nel contempo, sappiamo tutti che ormai quasi il 75% delle transazioni finanziarie è affidata ad algoritmi che sono e saranno sempre più protagonisti in questo mondo.

Praticamente uno tsunami digitale. Realtà aumentata, internet of things, e tante nuove competenze: strategiche, digitali, ibride. Si inventano nuovi mercati e si dà vita ad una nuova catena di valore. Il passato diventa obsoleto in un attimo, e le vecchie competenze vengono spazzate via dalla disruptive innovation e dall’ibridazione. Ecco perché il futuro sarà sempre più legato ad una formazione che non insegni ai giovani ed anche ai non giovani “le cose”, ma soprattutto il modo in cui andare a cercarle nel mare infinito della conoscenza in rete.

Senza dimenticare che la conoscenza non esiste mai a prescindere dalle persone che la detengono. E’ l’essenza stessa del mondo 5.0: si può fare tutto, ma non a prescindere dalle persone e dalla loro capacità di stare connesse in Rete. In questo contesto, anche innovazioni strategiche come lo smart working chiedono di andare oltre le logiche di controllo, di lavorare per obiettivi e di essere sostenibili, ossia garantire occupazione e benessere al proprio interno. E ciò significa importanti sfide come riqualificazione, digitalizzazione e formazione continua.

Ecco perché il rischio di diventare rapidamente obsoleti è altissimo. Si può provare a reagire? Dobbiamo essere brutali: vale sempre la regola dell’80-20. Quale che sia l’attività svolta, la letteratura ci dice che l’80% delle attività quotidiane di ciascuno di noi sono routinarie e solo il 20% sofisticate. La sfida non è allora tecnologica ma culturale. Perché, anche se robotica e AI si faranno invasive, le soft skills faranno parte di quegli aspetti “irriproducibili” che qualificheranno comunque quel lavoratore/professionista perché sarà necessario rimettersi in gioco sempre e comunque.

E’ questa la grande sfida culturale del Mondo 5.0. Una sfida che impatta tutti perché investe l’economia, la finanza, il lavoro, la politica, la società. In un mondo iper-diversificato e “ineguale”, fare rete sarà comunque un valore inestimabile. Il passaggio strategico sarà quello dal paradigma “uguaglianza” al paradigma “diversità”. La diversificazione è un valore, l’alleanza probabilmente è tutto. E’ il principio della staffetta: correre con i primi senza dimenticare gli altri. Il futuro del lavoro, delle imprese e delle professioni.

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