“Ci sono almeno due fattori che spiegano il perché del mismatch nel mercato del lavoro. Il primo è il ricambio dei sistemi produttivi, il secondo è la difficoltà cronica a collegare sistema del lavoro e scuola”. Così Tiziano Treu, presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in apertura dell’evento “Il mismatch del mercato del lavoro. Un problema positivo”, organizzato dal Cnel.
“Siamo di fronte a un profondo salto di scala negli assetti produttivi dovuti alle grandi trasformazioni ecologiche e digitali, quasi un salto di tecnologie e di organizzazione del sistema produttivo, che comporta di per sé un aumento delle distanze tra il bagaglio tradizionale di skill richiesto e posseduto – ha aggiunto Treu – Poi da tempo in Italia abbiamo difficoltà a collegare il sistema scolastico col mercato del lavoro. Manca un sistema di conoscenza reciproca più sistematica e a questo si aggiunge la scarsa pratica di strumenti come tirocini. Il sistema di alternanza scuola-lavoro è molto poco sviluppato e non messo a regime. Inoltre c’è un insufficiente uso di strumenti di contratti di formazione come l’apprendistato. Questo insieme di fattori fanno sì che in Italia che questa sfasatura sia particolarmente accentuata”.
Mismatch nel mondo del lavoro: la fotografia
Per le aziende italiane varia dal 34,9% al 37,8% la difficoltà a reperire personale dotato di competenze digitali di base. Più alta (dal 36% al 40,3%) in caso di richiesta di capacità matematico-informatiche. Mentre per le competenze 4.0 la difficoltà varia dal 37% al 40,9%. La fotografia è scattata dall’indagine 2021 del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal (realizzate in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne) secondo cui le difficoltà di reperimento si intensificano al crescere del grado di importanza attribuito all’eskill richiesto per lo svolgimento della professione. Su scala territoriale le maggiori difficoltà di reperimento per le capacità matematico-informatiche emergono nel Nordest con un dato pari al 48,4%, in particolare in Friuli-Venezia Giulia (50,0%) e Veneto (48,8%).
Per gestire le sfide tecnologiche e gestionali che le imprese devono affrontare è strategico comunque il possesso di eskill combinate tra loro. La domanda di eskill mix (ossia la padronanza di almeno due delle tre competenze digitali) nel 2021 ha riguardato 646mila posizioni: il mix di competenze digitali è più richiesto ai laureati (44,1%) – in particolare nelle materie Stem come ingegneria elettronica e dell’informazione (84,5%) e scienze matematiche e fisiche ed informatiche (73,5%) – rispetto ai diplomati (16%).
Quasi il 71% delle imprese ha investito in almeno uno degli ambiti della trasformazione digitale nel 2021, in crescita rispetto al valore medio del quinquennio 2016-2020 (68%). In particolarem il 42% delle imprese adotta strategie di investimento integrate in grado di combinare le aree della digital transformation. Nell’implementazione della transizione digitale assume, infatti, un’importanza strategica l’acquisizione di candidati con competenze adeguate.
Nel 2021 le imprese hanno domandato competenze digitali di base per la comunicazione visiva e multimediale a 2,8 milioni di profili professionali ricercati (pari al 60,5% del totale delle entrate), abilità relative all’utilizzo di linguaggi e metodi matematici e informatici a 2,3 milioni di posizioni (il 50,5%) e capacità di gestione di soluzioni innovative 4.0 a 1,7 milioni di entrate (il 36,4%).
Per i mix di competenze le difficoltà di reperimento raggiungono il 40% della domanda, che nell’ambito delle professioni specialistiche si concentrano nelle figure legate all’implementazione dei processi di digitalizzazione nell’organizzazione aziendale, quali ingegneri elettrotecnici (il 77,9% delle entrate per le quali il mix di competenza è ritenuto strategico è di difficile reperimento), progettisti e amministratori di sistemi informatici (65,0%) e analisti e progettisti di software (64,2%). Ma appare elevato anche il dato relativo ai medici (64,6%) e ai professori di scuola primaria (63,6%) anche per effetto della pandemia. Con riferimento invece alle professioni tecniche, il mix di competenze digitali è difficilmente reperibile anche per i tecnici programmatori (68,5%), tecnici esperti in applicazioni (62,7%), tecnici meccanici (52%) e disegnatori industriali (48,4%).
Su scala territoriale le maggiori difficoltà di reperimento per le capacità matematico-informatiche emergono nel Nord Est (con un dato pari al 48,4%), in particolare in Friuli-Venezia Giulia (50,0%) e Veneto (48,8%). A livello provinciale, Terni (59,3%), Pordenone (54,6%) e Piacenza (54,4%) sono le province dove le imprese fanno più fatica a trovare candidati con questa competenza; la posizione più alta occupata da una provincia del Mezzogiorno è la 53-esima (appannaggio di Messina: 40,6%).
E’ soprattutto il Nord Est a presentare il maggiore mismatch per la capacità di applicare tecnologie 4.0 (51,1%), con picchi in Trentino Alto Adige (52,4%) e Friuli Venezia Giulia (52,3%). Fra le province, ad evidenziare le maggiori difficoltà sono le imprese collocate nella provincia di Terni (67,4%), seguita da Rieti (64,6%) e da Belluno (64,4%). Infine, è di nuovo Caltanissetta (al 44° posto, con criticità riscontrate nel 44,9% dei casi) a comparire per prima in graduatoria tra le rappresentanti del Mezzogiorno.