Entro il 2021 i dati rappresenteranno un fattore produttivo per un’impresa su quattro. A oggi, però, quasi la metà delle aziende italiane deve ancora definire la propria strategia digitale ed è solo all’inizio del percorso di valorizzazione del dato come elemento competitivo.
E’ quanto sostiene un report a firma di Idc. Su un campione di 172 imprese italiane di classe enterprise, Idc ha individuato quattro stadi di avanzamento nel percorso di trasformazione dei dati. Il 43% delle aziende è fermo alla prima fase. Si tratta di soggetti che devono ancora razionalizzare i propri sistemi e la propria strategia digitale. Dunque, non traggono alcun vantaggio competitivo concreto dall’impiego dei dati. Al secondo livello si colloca il 25% delle grandi imprese italiane. Il dato viene considerato uno strumento per progredire nei processi di automazione industriale o è considerato un valore solo a tal fine.
Solo un terzo delle grandi organizzazioni ha raggiunto i due stadi più avanzati. Nel terzo livello risiede il 23% del campione: imprese che impiegano i dati per consolidare un vantaggio immediato rispetto ai loro concorrenti. Non sempre utilizzano i dati per procedere nell’automazione, ma sono in grado di migliorare l’efficacia delle attività di pianificazione e controllo. Infine, l’ultimo stadio, quello più avanzato. Secondo la ricerca condotta da Idc, solo il 9% delle grandi imprese italiane può dirsi al centro di una profonda fase di trasformazione. Queste aziende sono capaci di gestire i dati a loro disposizione non solo per automatizzare i processi o migliorare la pianificazione e il controllo, ma anche per competere sul terreno dell’innovazione a lungo termine con le altre imprese.
I ricercatori suggeriscono di spostare il focus da big data, analytics e machine learnings al momento della decisione. L’informazione, il fattore produttivo del nuovo millennio, è in grado di offrire un vantaggio competitivo a lungo termine. Le nuove sfide dei mercati richiedono una cultura aziendale centrata sul dato. Ecco perché Idc prevede che da qui a tre anni una grande azienda su quattro avrà attivato un processo di interpretazione dei dati, impiegando figure professionali specifiche e indipendenti. Per sfruttare al meglio le potenzialità, produttive e competitive, che l’informazione riserva al mondo delle imprese.