IL RAPPORTO ISTAT

Internet: in Italia “offline” oltre 6 milioni di famiglie, il 30% al Sud

Anziani e persone con basso titolo di studio i principali “assenti” dalla Rete. E sono i comuni al di sotto dei 2mila abitanti i principali esclusi. “Il ritardo dal Paese in investimento in conoscenza comporterà nel prossimo futuro in termini di recupero dell’economia”

Pubblicato il 03 Lug 2020

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Le famiglie italiane sono ancora indietro nell’uso di Internet e ammontano a 6 milioni 175mila – il 24,2% del totale – quelle completamente “offline”. È quanto emerge dal Rapporto annuale Istat da cui resta evidente il gap italiano con il resto d’Europa: nel 2019 Internet è utilizzato regolarmente dal 74% degli individui tra i 16 e i 74 anni, contro l’85% della media Ue.

Gli utenti con competenze digitali elevate sono solo il 22% in Italia contro il 33% della media europea. Sono soprattutto i nuclei familiari costituiti da soli anziani e da componenti con basso titolo di studio a non utilizzare la Rete. E spiccano anche le differenze territoriali: il 30% delle famiglie che non usa Internet è localizzato al Sud e in particolare nei comuni fino a 2mila abitanti. Nel rapporto si evidenziano anche le difficoltà nell’uso degli strumenti digitali da parte degli studenti, emerse a partire dalla fase di lockdown: il 45,4% degli studenti di 6-17 anni (pari a 3 milioni 100mila) ha difficoltà nella didattica a distanza per la carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con altri fratelli o comunque in numero inferiore al necessario, si legge nel report.

Il divario digitale tra le famiglie è da ricondurre a fattori sociali, generazionali e territoriali, “come emerge dai risultati di un modello di regressione logistica che stima la probabilità che in una famiglia ci sia almeno un componente con competenze digitali elevate”.

I dati sono contenuti nel capitolo “Criticità strutturali come possibili leve della ripresa” a dimostrazione di quanto le competenze digitali e la diffusione di Internet siano considerate sempre più strategiche. “In questi anni difficili il nostro Paese ha con fatica continuato a progredire nell’istruzione, nella diffusione di modelli organizzativi più avanzati e nell’uso delle tecnologie nell’economia, nella pubblica amministrazione e nella vita quotidiana degli individui – si legge nel report -. Il periodo di confinamento domiciliare, per le attività rimaste aperte, ha imposto, su un sistema che, in confronto agli altri partner europei, parte con uno svantaggio consistente in termini di digital divide (un gap in termini di indicatori collegati all’uso di internet di circa il 10% rispetto alla media europea), l’apprendimento in corsa del lavoro a distanza e di forme organizzative più focalizzate sull’essenziale. Se lo shock ha avuto l’effetto positivo di evidenziare che, col capitale umano disponibile, era già possibile avviare un necessario cambio di passo e in tempi brevi imparare a sfruttare su larga scala tecnologie disponibili, dall’altro ha nuovamente focalizzato l’attenzione sul peso che il ritardo dal Paese in investimento in conoscenza comporterà nel prossimo futuro in termini di recupero dell’economia dopo la crisi aperta dalla pandemia”.

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