La domanda di professionisti Ict in Italia si è stabilizzata a un livello elevato, ma il sistema formativo fatica a rispondere alle esigenze del mercato. Soprattutto per quel ch riguarda gli specialisti in intelligenza artificiale che sono tra le figure più ricercate.
Questo divario tra la richiesta di competenze digitali e la loro effettiva disponibilità rappresenta un ostacolo critico alla trasformazione digitale del Paese e al suo sviluppo economico. I dati emergono dall’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2024, realizzato dalle le quattro principali associazioni nazionali rappresentative del settore Ict: Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia.
La domanda di competenze Ict
Dopo anni di crescita, la domanda di professionisti Ict in Italia sembra aver raggiunto una fase di maturità. Tra gennaio 2023 e agosto 2024, il numero di annunci pubblicati su LinkedIn per professionisti con competenze Ict si è stabilizzato su livelli costanti e strutturalmente elevati, con un totale di 184mila annunci. Questa richiesta non è più appannaggio esclusivo delle aziende IT, ma si estende trasversalmente anche a settori tradizionalmente non digitali, come Consulenza e Assistenza (8.072 annunci), Ingegneria e Costruzione (6.234 annunci) e Energia e Risorse (4.465 annunci).
Tra i ruoli più ricercati, spiccano Web Developer (oltre 21.800 annunci) e Sviluppatori Software, ma anche Data Analyst e figure di supporto tecnico come lo Specialista IT. Le competenze chiave includono SQL – richiesto in quasi 25mila annunci – e linguaggi di programmazione come Java, Python e JavaScript. Cresce anche la domanda di soft skill: oltre 15mila annunci citano il Project Management come una competenza fondamentale, segnalando la necessità di figure capaci di coniugare abilità tecniche e organizzative.
“L’Osservatorio delle Competenze Digitali 2024 ci offre una fotografia chiara: la richiesta di professionisti Ict è stabile su livelli elevati, ma il sistema formativo tradizionale fatica a tenere il passo – spiega il presidente di Aica, Antonio Piva – In questo scenario, il nostro impegno si concentra su tre direttrici principali: la promozione della consapevolezza delle competenze digitali possedute o meno attraverso strumenti di assessment diffusi, la valorizzazione delle certificazioni digitali come standard riconosciuti a livello internazionale e il rafforzamento di un’offerta formativa specifica e di qualità, tramite la rete di centri Icdl presenti sul territorio. In particolare, i nostri assessment, quasi 14.700 test somministrati a oltre 7.000 persone di differenti profili, rilevano competenze insufficienti su tutte le competenze analizzate: per il pacchetto Office è carente il 79% degli intervistati, in campo cybersecurity l’82% e in ambito AI di base il 79%. Ciò significa, una volta di più, di quanto sia fondamentale fare sinergia tra tutti gli attori del sistema formativo – scuole, università, Its e realtà interne alle imprese – per creare percorsi educativi e professionali che rispondano alle reali esigenze del mercato, sia delle Imprese che della Pubblica Amministrazione.
La diffusione e la formazione di competenze Ict
Come risponde il sistema alla domanda di competenze Ict? In Italia, meno della metà della popolazione in età lavorativa (46%) possiede competenze digitali di base e solo il 22% raggiunge un livello avanzato, ben al di sotto della media europea. Questo gap non riguarda solo i lavoratori: il Paese resta indietro rispetto alla media Ue anche sulla digitalizzazione dei servizi pubblici rivolti a cittadini e imprese.
Il sistema della formazione terziaria si muove verso il digitale, ma a passo lento. I laureati in ambito Ict sono aumentati del 7% nell’ultimo anno: un dato incoraggiante ma insufficiente, dato che rappresentano solo il 6% del totale. Sul fronte dell’offerta formativa il progresso è limitato: dei 166 nuovi corsi approvati per l’ultimo anno accademico, solo il 16% riguarda ambiti Ict. Anche gli Its italiani continuano a registrare un impatto limitato in ambito Ict: su 349 percorsi monitorati nel 2022, solo 50 sono specificamente dedicati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Nonostante le domande di iscrizione siano aumentate del 36%, il numero complessivo di partecipanti resta insufficiente rispetto alla domanda del mercato.
“Investire nello sviluppo delle competenze digitali significa formare professionisti capaci di utilizzare, gestire e sviluppare soluzioni fondamentali per l’innovatività e la competitività delle imprese – Ludovica Busnach, vice presidente Anitec-Assinform con delega alle Digital Skills per la crescita d’impresa e l’inclusione – La nostra ricerca evidenzia come le skills tecniche siano valorizzate da competenze trasversali: dal pensiero analitico al problem-solving, fino alla visione strategica. Per questo è essenziale promuovere percorsi educativi che coniughino queste due dimensioni, preparando concretamente al lavoro. Per realizzare questo disegno serve sinergia tra settore pubblico e privato, basata sulla condivisione di obiettivi strategici tra tutti gli attori del sistema formativo. Con un’alleanza solida tra industria, istituzioni e accademia possiamo generare valore per tutti”.
L’IA spicca nella domanda di nuove competenze
L’Intelligenza Artificiale cresce sempre di più anche sul fronte delle competenze Ict. Tra gennaio 2023 e agosto 2024, oltre 21mila annunci di lavoro hanno menzionato skill relative all’IA, con un incremento del 73% rispetto ad agosto 2023. Ancora più significativo è il boom delle richieste specifiche per strumenti di IA generativa, come “ChatGPT”, “Claude” o “Pytorch”: gli annunci dedicati sono quasi quadruplicati rispetto all’anno precedente, un segnale chiaro che l’IA è sempre più al centro delle scelte strategiche delle imprese.
“In un contesto come quello attuale, è necessario investire perché tutte le imprese italiane siano in grado di trovare i professionisti di cui hanno bisogno – commenta la presidente di Assintel-Confcommercio, Paola Generali – Nello specifico, le PMI del digitale, oggi in Italia, hanno sempre più bisogno di professionisti specializzati ma non hanno le risorse per formarli internamente, a differenza delle grandi imprese. Per questo è quanto mai urgente prevedere una revisione totale del sistema scolastico nazionale, dalla scuola primaria all’Università, rivedendo il metodo di orientamento scolastico, ormai obsoleto, incrementando il numero degli Its e ripensando tempi, struttura e numero di percorsi triennali Stem nelle Università. Auspicabile è anche l’apertura delle academy delle grandi aziende ai lavoratori delle imprese più piccole, fornitrici o clienti”.
L’opinione delle imprese
L’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2024 include anche un’indagine approfondita sulle difficoltà sostenute dalle imprese italiane in materia di competenze digitali. Sono stati intervistati i rappresentanti di 49 imprese, tra cui 20 ceo o Amministratori Delegati, a vario titolo associate ad Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia.
Dal sondaggio emerge che il 52% delle aziende intervistate ritiene che le università italiane non preparino adeguatamente i professionisti Ict, segnalando una formazione troppo teorica e distante dalle reali esigenze del mercato. Its e bootcamp vengono invece considerati più efficaci, grazie al loro approccio pratico.
Per sopperire al gap, il 33% delle imprese ha istituito academy interne, ritenute efficaci dal 78% degli intervistati. Questi percorsi formativi si concentrano su competenze tecniche come Analisi Dati, Cybersecurity e AI, oltre che su soft skill fondamentali come leadership e lavoro in team.
Inoltre, il 71% delle aziende auspica una maggiore collaborazione tra università, Its e imprese, e il 62% richiede una riforma dei programmi educativi per allinearli alle reali necessità del mercato.
“La formazione è un elemento chiave per essere competitivi, in particolare quando si guarda al settore del digitale, che richiede un continuo aggiornamento di competenze e skills tecniche – puntualizza il presidente di Assinter, Pietro Pacini – In questo contesto, le Academy aziendali si rilevano una risorsa molto preziosa in quanto da un lato garantiscono una formazione continua e mirata ai dipendenti permettendo di valorizzare il loro percorso professionale, dall’altra parte, guardando ai giovani professionisti, rappresentano un ponte tra formazione e mondo del lavoro. Le aziende, dunque, devono continuare a rinforzare il rapporto con la scuola proprio attraverso le Academy e altre iniziative interne di formazione e dialogo con i giovani”.
Le azioni da mettere in campo
L’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2024 ha identificato due aree principali di intervento per aumentare significativamente la disponibilità di professionisti Ict e sostenere la trasformazione digitale del Paese: formazione e mercato del lavoro. All’interno di queste aree, sono stati delineati sei suggerimenti di policy chiave:
Valorizzare le academy aziendali, supportando la creazione di percorsi formativi interni alle aziende e incentivarne l’apertura a lavoratori esterni.
Potenziare l’università, ampliando l’offerta formativa con corsi triennali professionalizzanti e rafforzare la connessione tra università e imprese attraverso iniziative come i “Job Days”.
Promuovere i percorsi Its, incrementando la visibilità e l’offerta dei corsi Its per colmare il gap di competenze tecniche richieste dal mercato.
Costruire una scuola digitale inclusiva, integrando il digitale nell’educazione di base, orientando le nuove generazioni verso le discipline Stem.
Formare la forza lavoro, mettendo in campo programmi di reskilling e upskilling, finanziando iniziative per aggiornare le competenze di lavoratori e manager.
Incentivare il futuro tecnologico, introducendo agevolazioni fiscali per l’assunzione di professionisti Stem e sostenere progetti di ricerca Ict.