“L’innovazione deve passare per la digitalizzazione intelligente. Dobbiamo formare dei ragazzi che siano in grado non solo di adeguarsi al cambiamento, ma di guidarlo”. Lo ha affermato il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, nel discorso con cui ha esposto in Parlamento le linee programmatiche del suo dicastero. “Le tecnologie vanno utilizzate in maniera intelligente- ha ribadito Fioramonti – e non come elementi di distrazione. La settimana scorsa ero a Didacta, la grande fiera internazionale di origine tedesca, dove si dimostra costantemente il ruolo che le nuove tecnologie, se usate in modo intelligente, possono avere per migliorare la qualità dell’insegnamento e per creare il modello di formazione continua di cui abbiamo estremamente bisogno. I nostri figli e nipoti – ha concluso il ministro – andranno a lavorare in un’economia in cui il 60 o 70 per cento dei lavori, qualcuno dice anche l’80 per cento, ancora non esistono. Quindi dobbiamo acquisire quelle competenze che non siano solo contenutistiche ma di processo”.
Il ruolo del coding
Non è la prima volta che Fioramonti evidenzia il ruolo cruciale dell’innovazione per modernizzare la didattica. “La rivoluzione digitale è una rivoluzione fondamentale e molto accelerata, la scuola è l’occasione che le giovani generazioni hanno per affacciarsi alla nuova tecnologia che è molto trasversale e incide su tutto. Dobbiamo capire il digitale tutti quanti, non solo chi si occupa di informatica”, diceva all’Aquila per l’inaugurazione dell’anno scolastico.
Fioramonti si è detto anche “molto favorevole” al coding. Un’esperienza, ha sottolineato, che deve essere portata nelle scuole “non per formare all’informatica, ma perché il coding aiuta anche parte del nostro cervello a svilupparsi, un po’ come facevano il latino e le lingue straniere. Sappiamo dagli studi di neurologia che il coding aiuta il cervello a formarsi in un certo modo”.
“Con i social network – ha aggiunto Fioramonti – ho un rapporto molto positivo e un po’ conflittuale; in realtà sui social viaggia un po’ di tutto, però dobbiamo gestirli, da un lato per cercare di comunicare nella maniera più orizzontale possibile, dall’altro per alzare un po’ la qualità del dibattito, perché se lo lasciamo soltanto a chi fa tanto rumore diventa davvero insostenibile”.