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Twin transition, allarme competenze: quasi il 70% delle aziende non trova profili adeguati



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Secondo l’indagine del Centro Studi Confindustria le difficoltà riguardano soprattutto il comparto industriale e dei servizi. E per fare fronte al gap ci si concentra sull’upskilling del personale e sul ricorso alle consulenze esterne

Pubblicato il 6 ago 2024




Il 69,8% delle imprese italiane alla ricerca di personale dichiara di riscontrare difficoltà di reperimento di competenze adeguate. Le maggiori difficoltà emergono in particolare per le skill tecniche (69,2%) e per le mansioni manuali (47,9% a livello nazionale, con una punta del 58,9% nel settore industriale). Con riferimento agli ambiti aziendali, in due terzi dei casi le difficoltà vengono riscontrate nella ricerca di competenze funzionali alla transizione digitale, in quasi un terzo dei casi se funzionali a una maggiore internazionalizzazione dell’impresa, nel 15% circa dei casi in funzione della transizione green.

A dirlo è l’ultima edizione dell’indagine annuale del Centro Studi Confindustria, svolta tra febbraio e aprile 2024. Lo studio fornisce informazioni per il 2023 e inizio 2024 su struttura dell’occupazione e politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate

I settori e i verticali più in affanno

Allargando lo spettro dell’indagine, la quota di imprese che dichiarano difficoltà è maggiore nell’industria (73,5%) che nei servizi (65,0%) e cresce con la dimensione aziendale, dal 64,8% nelle imprese piccole, al 72,8% in quelle maggiori problematiche emergono per le competenze tecniche (segnalate dal 69,2% delle imprese con difficoltà di reperimento) e per quelle manuali (47,2%). Meno diffuse le segnalazioni riguardanti le competenze trasversali (16,5%) e quelle manageriali (8,3%).

Per quanto riguarda, invece, gli ambiti aziendali, si registrano come detto maggiori problemi nel reperire risorse con competenze funzionali alla transizione digitale, segnalate mediamente dal 66,3% delle imprese con difficoltà di reperimento, e in particolare dal 76,6% nei servizi (contro 58,4% nell’industria). Risultano meno diffuse le problematiche negli ambiti internazionalizzazione (32,5%) e green (15,1%), anche se per entrambe si rileva una maggiore diffusione in imprese grandi e industriali.

Le azioni intraprese per affrontare lo skill gap

Quasi i due terzi delle imprese che segnalano difficoltà di reperimento (64,3%) intraprende azioni per farvi fronte, concentrandosi soprattutto sulla formazione. Il 38,3% è intervenuta allargando il bacino di ricerca in termini di aree geografiche o metodologie di recruitment.

Le imprese prevedono principalmente attività di upskilling rivolte al personale attualmente in forza (nel 59,7% dei casi). Quasi la metà delle organizzazioni (49%) fa, inoltre, ricorso a servizi esterni come le consulenze e quasi un terzo (28,5%) si dichiara coinvolto in programmi educativi sul territorio (Its Academy, Pcto, tirocini curriculari, ecc.).

Quadruplicata la quota di imprese che puntano sullo smart working

Con riferimento al lavoro agile, i risultati indicano che il 32,6% delle imprese che hanno partecipato all’indagine ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2023. In particolare, questa quota risulta quasi quadruplicata rispetto alle imprese che lo utilizzavano prima del Covid. Per quanto riguarda l’intensità di utilizzo del lavoro agile, nelle imprese in cui esso è previsto, mediamente il 34% dei dipendenti non dirigenti ha utilizzato tale modalità di lavoro, per lo più per due o tre giorni a settimana (tra 4 e 12 giorni al mese).

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