LAVORO

Digital mismatch per il 50% delle Pmi italiane. Allarme “shortage” per le skill 4.0

Secondo il Market Watch di Banca Ifis l’83% è a caccia di competenze innovative, ma la metà non riesce a trovarle. E il trend è destinato a protrarsi ancora per due anni. Un’azienda su due si affida al passaparola per lo scouting

Pubblicato il 26 Nov 2021

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L’83% di piccole e medie imprese italiane è a caccia di competenze innovative. Ma il 50% non riesce a trovarle. Emerge dal Market Watch Pmi realizzato da Banca Ifis secondo cui i profili più richiesti accanto a quelli tecnici sono quelli in ambito digitale e, in particolare, gli specialisti in tecnologie 4.0.

Un trend destinato a durare fino al 2024

Il trend, che si è manifestato lungo tutto il triennio 2019-2021, secondo il Market Watch è confermato anche per i prossimi due anni. Oltre alle competenze tecniche e digitali sono richieste anche soft skill trasversali come saper lavorare in team, essere flessibili, risolvere problemi.

Ma il divario tra domanda e offerta rimane ampio e per i profili tecnici oltre la metà delle Pmi non riesce a trovare personale.

Il dato positivo, si legge nel report, è che il clima di incertezza pandemico ha scoraggiato nello scouting solo il 10% delle Pmi che ammette, tra l’altro, che tra i freni c’è soprattutto la difficoltà di trovare a mercato le skill richieste.

Quali sono i profili più richiesti

In generale, oggi il 59% delle Pmi dichiara di aver bisogno di nuove competenze legate alle tecniche di produzione specifiche per il proprio settore; il 28% di collaboratori in grado di gestire soluzioni digitali; il 26% di profili amministrativi e il 24% di soggetti specializzati nell’industria 4.0. Per l’8%, infine, sono necessarie risorse esperte nell’area Smac (social, mobile, analytics, cloud).

Nel prossimo triennio, le figure esperte di tecniche produttive rimarranno le più ricercate (42%), seguite da quelle che possono contare su competenze digitali e 4.0 (entrambe al 39%). Molto ricercate dalle Pmi anche le soft skills che pesano in media per quasi la metà (45%) nel profilo tipo ricercato dalle aziende. Ai primi posti: team working (63%), problem solving (52%), flessibilità (40%) e capacità di comunicazione (38%).

Il disallineamento con il mercato del lavoro

Il report individua un mismatch tra domanda e offerta di competenze che emerge con forza sul fronte delle conoscenze tecnico-digitali: il 58% delle aziende che reputa necessarie nuove skill in ambito produttivo non trova il personale ricercato, così anche per il 37% delle imprese che considera fondamentale la capacità di gestione delle tecnologie 4.0. Anche le abilità “soft” risultano difficili da incrociare, in particolare la flessibilità (40%), il problem solving e la capacità decisionale (entrambe al 37%), la gestione dello stress (35%).

Quasi la metà delle aziende (48%) si affida al passaparola e alle relazioni territoriali per trovare le persone giuste, il 41% alle società di selezione del personale. Solo il 14% attiva collaborazioni con Università e Istituti Tecnici Superiori e il 6% si rivolge ai centri per l’impiego.

Formazione al centro delle strategie

Per tutte le imprese la formazione interna è fondamentale per contrastare la veloce obsolescenza delle competenze dovuta al progresso tecnologico. Le aree considerate prioritarie per l’aggiornamento si confermano le tecniche di produzione (52%), le abilità digitali (51%) e le tecnologie 4.0 (40%).

In questo senso Banca Ifis dichiara di puntare sulla valorizzazione dei giovani talenti e sulla formazione continua: nel 2020 la Banca ha erogato oltre 37 mila ore di formazione tecnica e soft skill (+16,4% rispetto al 2019). Nel 2020 la Banca ha erogato oltre 37 mila ore di formazione tecnica e soft skill (+16,4% rispetto al 2019) su canali digitali e sulla piattaforma web Ifis Talent che coordina i processi di sviluppo delle persone, grazie anche a logiche di “continuous feedback”, e integra il processo di onboarding per i neoassunti, guidandoli nei primi tre mesi in azienda.

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