IL REPORT

I robot non fanno più paura: “Nell’era del lavoro 4.0 l’uomo resta al centro”

Secondo uno studio Aidp-Doxa per 9 aziende italiane su 10 l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale non porterà a una sostituzione delle attività umane ma a uno spostamento verso ruoli più qualificati. Rischi grossi solo per chi è poco scolarizzato e formato

Pubblicato il 22 Ott 2018

intelligenza-artificiale

I robot? Non sostituiranno l’uomo. A dirlo il primo rapporto dell’Associazione italiana per la direzione del personale (Aidp)-Lablaw 2018 a cura di Doxa su “Robot, intelligenza artificiale e lavoro in Italia”.

“Per l’89% delle aziende i robot e l’intelligenza artificiale non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone e hanno un impatto migliorativo del lavoro. Ma sono a forte rischio sostituzione i lavori manuali e a basso contenuto professionale”, si legge nel report.

Il 61% delle aziende italiane è pronto ad introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni e solo l’11% si dichiara “totalmente contrario”: segno che la tecnologia non fa paura.

Tra le ragioni principali che spingono le aziende favorevoli ad introdurre sistemi 4.0 la convinzione che il loro utilizzo rende il lavoro delle persone meno faticoso e più sicuro (93%), fa aumentare l’efficienza e la produttività (90%) e ha portato a scoperte e risultati un tempo impensabili (85%).

Le aziende e i manager sono convinti “a stragrande maggioranza (89%) che i robot e l’intelligenza artificiale non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone”. Effetti negativi sull’occupazione determinati dall’introduzione di tecnologie 4.0 si pitranno avere solo nel caso di chi è “meno scolarizzato e qualificato”.

Guardando alle modalità con cui i sistemi di intelligenza artificiale e robot si sono integrati in azienda, “per il 56% delle aziende l’impiego di queste tecnologie è stato a supporto delle persone. Per il 33% tali sistemi sono stati impiegati per svolgere attività nuove mai realizzate in precedenza. Per il 42% delle aziende l’intelligenza artificiale e i robot hanno sostituito mansioni prima svolte da dipendenti”.

In generale l’intelligenza artificiale e i robot migliorano molti aspetti intrinseci del lavoro dipendente perché hanno favorito una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita (38%); la riorganizzazione degli spazi di lavoro e uffici (35%); la promozione di servizi di benessere e welfare per i lavoratori (31%); il lavoro a distanza e smart working (26%); la riduzione dell’orario di lavoro (22%)”.

Il report, inoltre, ha messo a confronto l’opinione delle aziende che hanno già introdotto sistemi di robot e intelligenza artificiale con quelle che non lo hanno ancora fatto. Le differenza principali che emergono riguarda l’atteggiamento verso queste tecnologie: “molto positivo (75%) da parte delle aziende robotizzate, meno positivo (47%) per le aziende non robotizzate”. Le aziende che non hanno introdotto sistemi di robot e intelligenza artificiale tendono a sovrastimare una serie di conseguenze negative che la pratica delle aziende robotizzate, invece, smentisce nei fatti. C’è un tema di percezione delle criticità legate all’introduzione di queste tecnologie eccessivamente elevata rispetto alla condizione reale delle aziende; chi le utilizza che al contrario, evidenzia soprattutto gli aspetti positivi.

E’ dunque passato il “timore luddista” che immaginava robot umanoidi che, in colpo solo cancellavano posti di lavoro? Incrociando i dati di Aidp con quelli del sistema Excelsior di Unioncamere sembrerebbe di sì. Non solo l’intelligenza artificiale non è più un freno al lavoro ma anzi lo aumenta e, soprattutto, lo qualifica.

Secondo le rilevazioni di Unioncamere 1 assunzione su 3 ha richiesto capacità di gestire e applicare tecnologie 4.0: le aziende si stanno attrezzando per affrontare i cambiamenti della quarta rivoluzione industriale. Solo lo scorso anno il 34,2% delle oltre 4 milioni di ricerche di personale programmate si è indirizzata verso profili professionali con competenze 4.0 adeguate per raccogliere questa sfida.

Per elevare le conoscenze delle risorse umane già presenti in organico, il 30% delle imprese ha già svolto o intende avviare nei prossimi 12 mesi percorsi di formazione sulle tematiche 4.0.

L’analisi che, oltre alle competenze 4.0, le aziende ricercano con particolare interesse anche altre skill ritenute chiave per affrontare i cambiamenti insiti nella digital transformation.

In particolare, Unioncamere segnala che, nel 2017, la competenza che registra la maggiore frequenza di richiesta da parte delle imprese riguarda le abilità digitali di base, come l’utilizzo delle tecnologie internet e l’abilità nella gestione di strumenti di comunicazione visiva e multimediale, richieste al 57,7% dei profili in entrata.

Molto richieste sono anche la capacità di utilizzare linguaggi matematici ed informatici per organizzare e valutare informazioni qualitative e quantitative (50,9%). Riguardo le competenze più ricercate per affrontare la digital transformation, dall’analisi dei 2.823 self- assessment sulla maturità digitale effettuati, fino allo scorso settembre, dalle aziende emerge che il 10% delle imprese ha già realizzato dei corsi di formazione su Impresa 4.0, mentre il 20% ha in programma di avviarli entro i prossimi 12 mesi.

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