I lavoratori del food delivery (riders) continuano ad essere scarsamente tutelati: dopo la maxi multa da 155 milioni di euro inferta nel 2021 alle principali piattaforme di food delivery “non risultano più lavoratori dichiarati nei nostri archivi né come subordinati, né come collaboratori né come etero organizzati: le aziende li dichiarano come prestazioni occasionali, fino a 4.999 euro, salvo poi interrompere il rapporto di lavoro per non sfondare il tetto dei 5.000 euro previsto dalla legge”.
Lo ha affermato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in audizione nelle commissioni Lavoro e Politiche Ue al Senato in merito all’atto comunitario ‘Miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali‘. Per questo l’Inps ha messo a punto un prototipo di piattaforma digitale sul proprio sito sulla falsariga di quanto già creato per i lavoratori domestici: serve a garantire una “tracciabilità continua, anche se intermittente considerata la specificità del lavoro riders, per fini protettivi e sociali, assicurativi e previdenziali”, ha detto Tridico.
Sui riders “è necessaria una chiara indicazione legislativa”, ha aggiunto il presidente dell’Inps. “C’è una forte tendenza della giurisprudenza italiana” che suggerisce la via della subordinazione.
Il Registro digitale di riders e piattaforme
Tridico è tornato a proporre, come aveva già fatto in passato, l’implementazione di una piattaforma che preveda la registrazione di attori (lavoratori, datori e ristoranti), eventi e dati di processo per aumentare trasparenza, flessibilità e sicurezza sociale nel settore. Nel Registro digitale per rider e piattaforme potrebbero essere certificate le informazioni relative ai ciclofattorini, come corsi di formazioni e disponibilità. E ancora, il Registro potrebbe contenere informazioni sulle politiche adottate dalle piattaforme verso i clienti e verso i rider stessi. Inoltre, potrebbe fornire al datore di lavoro benefici consistenti nella semplificazione del calcolo della contribuzione, degli sgravi, la predisposizione del modello F24 e la gestione delle comunicazioni Unilav.
Questa piattaforma, ha aggiunto Tridico, non è in conflitto con le piattaforme già esistenti ma andrà gestita “con l’Inail per garantire una tracciabilità continua”. Senza contare la trasparenza che il meccanismo garantirebbe relativamente alle assunzioni e ai licenziamenti.
La multa alle società del food delivery
“Avendo rilevato gli indici di eterorganizzazione, abbiamo comminato multe per 155 milioni di euro, tra sanzioni e contributi evasi, a 4 società, le più importanti aziende di food delivery che abbiamo nel Paese”, ha indicato il presidente dell’Inps. La multa inferta dall’Inps scaturisce dalle ispezioni effettuate dalla Procura della Repubblica di Milano a febbraio 2021 per le società del food delivery. L’indagine “ha permesso la classificazione nei nostri archivi di circa 30mila lavoratori, per i quali adesso noi stiamo chiedendo i contributi evasi a quelle aziende”, ha sottolineato ancora Tridico spiegando che “abbiamo verificato condizioni diverse rispetto a quelle dichiarate dalle aziende”.
I dati del 2018 rivelano che tutti i lavoratori della gig economy in Italia sono circa 750.000, ha riferito Tridico. Per il 70% di questi lavoratori si tratta di una seconda occupazione svolta nel corso degli studi con un impegno fino a 10 ore. I lavoratori si dicono disponibili al pagamento di un contributo addizionale per avere maggiori tutele.
La proposta legislativa della Commissione Ue
La Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure che mirano a migliorare le condizioni di lavoro mediante piattaforme digitali. Le nuove norme intendono garantire che le persone occupate tramite le piattaforme di lavoro digitali possano godere dei diritti e delle prestazioni sociali loro spettanti. Esse beneficeranno inoltre di una protezione aggiuntiva per quanto riguarda l’uso della gestione algoritmica (ossia di sistemi automatizzati che affiancano o sostituiscono le funzioni dirigenziali sul luogo di lavoro). Un insieme comune di norme dell’Ue garantirà una maggiore certezza del diritto, consentendo alle piattaforme di lavoro digitali di trarre pieno vantaggio dal potenziale economico del mercato unico, e condizioni di parità.
“Dobbiamo sfruttare al massimo il potenziale di creazione di posti di lavoro delle piattaforme digitali- commenta Nicolas Schmit, Commissario per il Lavoro e i diritti sociali – Ma dobbiamo anche fare in modo che si tratti di posti di lavoro di qualità, che non promuovano la precarietà, in modo che le persone che lavorano mediante tali piattaforme abbiano sicurezza e possano pianificare il loro futuro. La proposta della Commissione definisce criteri chiari per stabilire se una piattaforma è un datore di lavoro e quindi se alle persone che lavorano mediante essa spettano determinati diritti dei lavoratori e di protezione sociale. Il progresso tecnologico deve essere equo e inclusivo, per questo motivo la proposta riguarda anche la trasparenza e la sorveglianza degli algoritmi delle piattaforme”.