PA DIGITALE

Marcella Panucci Capo di Gabinetto di Brunetta: riflettori sullo smart working

Tra i dossier più caldi sul tavolo dell’ex direttrice di Confindustria quello della messa a regime del lavoro agile nel settore pubblico. Intanto i sindacati chiedono di regolare la nuova organizzazione nel Ccnl

Pubblicato il 15 Feb 2021

panucci

Renato Brunetta chiama Marcella Panucci a Palazzo Vidoni. L’ex direttrice di Confindustria – è stata ai vertici dell’associazione dal 2012 al 2020 – guiderà il Gabinetto del neo ministro per PA.

Una scelta che si spiega, oltre alla luce della grandi capacità di Panucci che vanta nella sua lunga carriera un’esperienza nella Direzione generale “Concorrenza” della Commissione europea a Bruxelles e una come responsabile della Segreteria Tecnica e Consigliere Economico del Ministro della Giustizia Paola Severino tra il 2011 e il 2012, anche per le competenze in materia di smart working.

Uno dei dossier più caldi sul tavolo di Brunetta è proprio quello relativo alla messa a regime del lavoro agile sia in vista della fine della procedura semplificata, che scade a fine aprile, sia come modalità ordinari nella Pubblica amministrazione in quel “new normal” determinato dalla pandemia e dalla trasformazione digitale che i è naturalmente portata dietro. L’ex ministra Fabiana Dadone puntava a rendere smart almeno il 40% dei dipendenti pubblici.

Dipendenti pubblici che sembrano soddisfatti dell’esperienza, almeno stando all’ultima indagine di FPA, secondo l’88% dei dipendenti pubblici giudica l’esperienza di successo e il 61,1% ritiene che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli enti, fra gli enti e nei rapporti con i cittadini e le imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza.

La sfida dunque per il nuovo ministro e il suo Capo di Gabinetto, Marcella Panucci, sarà quella di trovare un punto di equilibrio tra le nuove necessità organizzative e le richieste dei sindacati. Per Cgil, Cisl e Uil la messa a regime necessità di una contrattazione collettiva nazionale che superi, in qualche modo, quanto previsto dalla legge istitutiva (n. 81/2017) basata sull’accordo individuale.

La posizione dei sindacati

“Da tempo avevamo avanzato alcuni punti sui quali concentrare l’azione regolativa attraverso la contrattazione a partire dall’individuazione delle attività e le fasi di lavorazione che possono essere svolte da remoto e che devono essere individuate attraverso gli strumenti della partecipazione sindacale e delle rappresentanze dei lavoratori, sia a livello centrale sia a livello di posto di lavoro – spiega la FP Cgil – Dalla definizione delle platee di lavoratrici e lavoratori a cui dare priorità poiché lavorare da remoto è anche un’opportunità per conciliare il lavoro con particolari condizioni individuali: lavoratori “fragili”, titolari di legge 104, lavoratrici in gravidanza ed ulteriori criteri di priorità come ad esempio la tutela della genitorialità o l’abbattimento dell’impatto ambientale degli spostamenti da/per i luoghi di lavoro a forte conurbazione”.

Altro tema caldo è la normazione, ancora attraverso la contrattazione, del diritto alla disconnessione per il lavoratore e una organizzazione del lavoro in Smart Working che individui, dove necessario, le fasce orarie di contattabilità in virtù della tipologia di lavoro svolto.

Cruciale per la FP anche aprire un un confronto sul tema della strumentazione che le amministrazioni dovranno progressivamente fornire ai lavoratori in Smart Working la necessaria dotazione informatica hardware e software, “colmando quella sperequazione fotografata ad oggi tra amministrazioni ricche che hanno fornito i device ai dipendenti e quelle che non hanno potuto far altro che imporre ai dipendenti l’utilizzo di risorse proprie”.

Di conseguenza serve anche individuare strategie di  formazione continua dei dipendenti pubblici “che li aiuti nella transizione tecnologica e aumenti le competenze diffuse in modo sistematico e non scaricandole sui percorsi di autoformazione troppo spesso delegati alla buona volontà dei singoli o alla lungimiranza di qualche dirigente”.

“Riteniamo che debba essere normata per via contrattuale la casistica relativa a giornate in cui si renda necessaria una prestazione ‘mista’ (giornate lavorate parzialmente in ufficio e in parte in modalità agile) in modo da garantire al lavoratore il pieno riconoscimento del lavoro svolto e prevedere un adeguato preavviso nel caso in cui il datore di lavoro richieda la presenza in ufficio per parte della giornata prevista da remoto – conclude il sindacato –  nonché una definizione contrattuale omogenea degli istituti previsti dai Ccnl vigenti che vedono il lavoratori trattato con un doppio regime: nel giorno in presenza con la regolazione contrattuale, il giorno in smart working con la regolazione normativa”.

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