LAVORO & DIGITALE

Smart working al via: stesso stipendio e diritto alla disconnessione

Domani il Senato darà l’ok definitivo al ddl sul lavoro autonomo che contiene norme ad hoc. Si apre una nuova era nell’organizzazione del lavoro. Corso (Polimi): “Il provvedimento contribuirà a superare ostacoli di natura culturale”

Pubblicato il 09 Mag 2017

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Smart working, il Senato stringe sul via libera. Inizia oggi la discussione a Palazzo Madama sul ddl sul lavoro autonomo, che contiene norme ad hoc per il lavoro agile, mentre il voto finale è atteso per domani. Lo smart working non è una nuova tipologia contrattuale ma si configura come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” stabilita mediante accordo tra le parti, caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici, eseguito in parte all’interno dell’azienda in parte all’esterno.

Nel provvedimento si chiarisce che il trattamento economico del lavoratore agile non dovrà essere inferiore a quello applicato ai dipendenti che svolgono le stesse mansioni in azienda. Previsto anche il cosiddetto diritto alla disconnessione, che altro non è che il classico giorno di riposo per chi si reca in ufficio ogni mattina.

Per quanto riguarda le intese aziendali che hanno normato finora il lavoro agile, Maurizio Del Conte, presidente di Anpal, chiarisce che resteranno valide “se in linea con le direttrici fissate dal ddl come ad esempio la parità di trattamento normativo e retributivo perché non si tratta di un contratto di verso ma solo una modalità diversa di svolgere le attività”. Dunque non è consentito alle aziende ridurre lo stipendio a meno che il lavoratore non passi a un part time.

Inoltre il ddl distingue lo smart working dal telelavoro: il primo si svolge “in parte all’interno dei locali aziendali, in parte all’esterno mentre il secondo prevede che le attività vengano svolte fuori.

l lavoro agile è protagonista di un vero e proprio boom. Stando ai numeri dell‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono più di 250mila, nel solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, e rappresentano circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. La crescita dal 2013 è stata sostenuta, segnando un +40% rispetto a tre anni fa. Il “prototipo” del lavoratore smart è un uomo (nel 69% dei casi) con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud) e rileva benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nel work-life balance rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali. Ad adottare il lavoro agile e ad aver realizzato nel 2016 progetti strutturati in questo campo è ormai il 30% delle grandi imprese, quasi il doppio rispetto al 17% dello scorso anno, a cui si aggiunge l’11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” pur senza aver introdotto un progetto sistematico.

Secondo Mariano Corso responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, l’impianto della legge è adeguato “perché enuncia principi e non inserisce vincoli troppo stretti”.

Le nuove norme contribuiranno a superare gli ostacoli di natura culturale alla diffusione dello smart working come leva per una nuova organizzazione del lavoro e come stimolo alla trasformazione delle relazioni industriali. E proprio in questa prospettiva vanno lette, secondo l’esperto, le novità riguardanti la formazione continua.

“Lo smart working – puntualizza Corso – abilita un nuovo patto tra azienda e lavoratore anche sul fronte sicurezza: da un lato di una corretta prudenza da parte del lavoratore e, dall’altro, di una corretta formazione e informazione da parte dell’azienda; diritti che vengono tutelati indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia in ufficio nella normale postazione di lavoro o in un altro luogo”.

Intanto aumenta il numero di aziende che ricorrono al lavoro agile. L’ultima big in ordine di tempo è Ferrovie che ha lanciato una sperimentazione che coinvolge una platea di 500 dipendenti. Questi potranno lavorare da casa o in qualsiasi luogo da loro scelto, da un minimo di 4 fino a un massimo di 8 giornate al mese non frazionabili. La sperimentazione durerà un anno e partirà a settembre dalle sedi di Roma, l’obiettivo è di estenderlo e farlo diventare una modalità di lavoro permanente.

Per ognuno dei partecipanti verranno definiti obiettivi puntuali e misurabili e l’azienda fornirà tutti gli strumenti informatici necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa oltre a una specifica formazione.

Flessibilità di orario e riprogettazione degli spazi fisici arrivano insomma anche in una delle più grandi controllate pubbliche (di proprietà del Tesoro) dopo che altre grandi aziende private come Microsoft, Barilla, American Express e Ferrero hanno già avviato progetti di smart working.

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