L'ANALISI

Smart working, allarme di FederTerziario: “Rischio paralisi nella PA”

Secondo il centro studi dell’associazione il ricorso al lavoro agile potrebbe determinare un forte rallentamento dei procedimenti amministrativi, con effetti “devastanti” sul sistema Paese: “Serve intervenire sull’organizzazone interna”

Pubblicato il 16 Ott 2020

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L’effetto dello smart working per i dipendenti dello Stato può avere effetti devastanti per il sistema Paese. A dirlo è il centro studi FederTerziario riunito a Roma per discutere degli effetti del Covid sull’economia Italiana e sulle Pmi. Il rallentamento dei procedimenti amministrativi delle autorizzazioni e delle istruttorie a causa dello smart working potrebbe portare ad effetti devastanti sul sistema burocratico e della Giustizia, rallentando il processo di spesa dei fondi in arrivo dall’Unione Europea vanificando gli effetti.

Il ricorso allo smart working già nella prima fase della pandemia ha prodotto la quasi paralisi della Pubblica Amministrazione e degli Enti Locali, con questa seconda ondata dopo la pausa estiva si rischia di spegnere ogni tentativo di ripresa da parte delle Pmi.

Con oltre il 70% in meno di personale in Uffici Commercio, Tecnici e Servizi Sociali ad esempio, i Comuni rischiano di bloccare qualsiasi pratica autorizzativa e con essa qualsiasi speranza di rinascita del paese. Occorre, per FederTerziario, una disciplina specifica che sia in grado di garantire e verificare la produttività a distanza dei dipendenti pubblici, senza affidarsi alla coscienza del singolo. E occorre riorganizzare la PA per avere un telelavoro efficiente, digitalizzando i processi senza favorire ulteriore burocratizzazione, se si vuole arrivare con un sistema Paese efficiente al termine della pandemia.

Smart working, cosa prevede il Dpcm

Secondo il nuovo Dpcm il lavoro agile per i dipendenti della Pubblica amministrazione deve essere ripristinato “almeno” per il 50 per cento di coloro che possono svolgere la loro attività da remoto. Per tutte le altre attività professionali, quindi anche per aziende private, il governo si è limitato a raccomandare il ricorso allo smart working. Si era valutata concretamente la possibilità di passare al 70% di lavoro agile nella Pa. Al terzo comma del terzo articolo, infatti, si legge che “nelle pubbliche amministrazioni” viene “incentivato il lavoro agile con le modalità stabilite da uno o più decreti del ministro della Pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale” contenuta all’articolo 263 del decreto 34 del 19 maggio scorso, cioè il dl Rilancio. Nel provvedimento citato veniva specificato che gli uffici pubblici dovessero organizzare “il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale […] applicando il lavoro agile al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità”. La novità è rappresentata dall'”almeno” che lascia spazio a un ampliamento della norma.

Sempre nel Dpcm si legge che alle attività professionali si raccomanda che “siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”; “siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva”; “siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale”; “siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine gli ammortizzatori sociali”.

Smart working, la strategia della ministra Dadone

Lavoro agile come modalità organizzativa più attenta al risultato. È questo il pilastro della strategia della ministra della PA, Fabiana Dadone. “Ho intenzione di impostare a regime, da qui in avanti, il lavoro agile come una modalità organizzativa che sia molto più attenta al risultato e non solo alla conciliazione vita-lavoro – ha spiegato Dadone intervenuta stamattina nella Commissione Pari Opportunità di Roma Capitale dedicata allo smart working in PA – In questo contesto, però, bisogna far molta attenzione al fatto che chi ha il peso delle cure familiari non sia poi stritolato, rispetto al fatto che le donne rischiano di trovarsi in una gabbia dorata di fronte a una modalità che è molto basata sul risultato, sugli obiettivi. Su questo bisogna fare una riflessione molto attenta”.

“Durante la fase emergenziale- ha evidenziato – c’è stato un utilizzo dello smart working emergenziale. Molto spesso, in realtà, si è trattato di un lavoro da remoto, che ha acuito gli effetti negativi di quelli che dovevano essere invece gli effetti positivi, come la conciliazione vita-lavoro, ed è andato in certi casi a pesare moto di più sul pubblico femminile, proprio perché a casa ci si è ritrovati a far fronte a problematiche lavorative accanto alle cure familiari”.

Da qui a fine anno, assicura Dadone, “il lavoro agile verrà portato indicativamente al 50% di tutte quelle attività che si prestano. Abbiamo pensato di strutturare la norma con uno strumento flessibile che è quello del Piano organizzativo del lavoro agile, ponendo in capo a chi ha l’onere e l’onore di organizzare il lavoro, di individuare anche il livello di digitalizzazione della propria amministrazione. All’interno di chi svolge questo tipo di lavori”, quindi, dovranno essere individuati “a regime il 60% di lavoratori da mettere in modalità agile”.

Non solo lavoro da remoto, sono varie le modalità in cui si può lavorare smart: “C’è per esempio il coworking, cioè il condividere il lavoro in spazi aperti e che si prestano alla condivisione delle esperienze, oppure il lavoro in altre sedi. Penso agli hub dell’innovazione dell’amministrazione, che è  uno dei progetti che ho presentato per il Recovery. Mi piacerebbe veder concretizzare degli spazi all’interno dell’amministrazione nei quali si incontrino le esperienze della PA, si facciano corsi di formazione e si possa lavorare in spazi condivisi, per riuscire ad avere un’amministrazione all’avanguardia”.

E se nella fase dell’emergenza “l’amministrazione ha dato una prova di sé molto importante”, ora, secondo la ministra, “la vera grande sfida è portarlo a regime sempre garantendo certi diritti, in particolare la tutela della pari opportunità. Bisognerà fare attenzione a un diritto alla disconnessione”, ha avvertito, “con obiettivi da raggiungere giornalmente e settimanalmente”, lasciando al lavoratore e alla lavoratrice la liberta’ di “gestire il tempo con una propria indipendenza”. E poi occorre investire: per risolvere i “problemi infrastrutturali”, specie nelle “aree interne che senza non possono digitalizzarsi, finire il lavoro sulla banda larga, riconcepire e riorganizzare gli spazi; per “l’acquisto di tablet e pc”; e per la “formazione di dirigenti e dipendenti, sia sul campo digitale che rispetto all’atteggiamento che si deve avere sul posto di lavoro” per “superare l’ottica di porci come un’amministrazione difensiva”.

“Se vogliamo portare l’Italia fuori da questa crisi- ha concluso Dadone- allora la PA deve essere veramente il traino forte e in questo senso penso che la formazione di tutto il personale sia un nodo chiave per riuscire a scardinare una serie di situazioni che si sono create negli anni frutto di una serie di scelte sbagliate che sono cadute a cascata sull’amministrazione”.

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