Città più attraenti per chi fa smart working, è Melbourne a incassare il punteggio più alto nell’indice mondiale stilato da WorkMotion. Lo studio rivela quali sono le città nel mondo più accessibili e attraenti per i lavoratori da remoto (ma anche per chi decide di trasferirsi per lavoro) valutando una serie di fattori-chiave. Bari è la città italiana al top e si qualifica al 33esimo posto del ranking globale, sorpassando Roma che si piazza al 66esimo posto.
Le città migliori per lo smart working
Sul fronte globale Montreal e Sydney sono al secondo e terzo posto. Dublino risulta la migliore città per semplicità di normative sul lavoro, prima di Helsinki e Copenaghen. Mentre Istanbul risulta con le aliquote fiscali più favorevoli per i lavoratori a distanza, davanti a Lisbona e Hong Kong.
Il punteggio più alto riportato da Bari riguarda l’accesso alla casa. La città può inoltre contare sul rilascio di permessi per “freelancer”.
I criteri alla base della classifica
Tra le voci principali prese in considerazione, compliance alle normative occupazionali, costo della vita, infrastrutture, vivibilità. Ma anche accesso alla cure mediche, stabilità politica, qualità dei sistemi educativi, gender equality, sicurezza.
Inoltre alcune città hanno già rafforzato le proprie credenziali legiferando per semplificare il processo di assunzione o introducendo visti speciali. Lo studio analizza questi fattori oltre a una serie di indicatori che nel complesso influenzano l’attrattività di una città per i lavoratori a distanza.
Per la prima categoria, Remote Working Compliance, è stato analizzato quanto sia semplice per le aziende assumere in modo corretto lavoratori a distanza in base alla legislazione locale, oltre ai requisiti legali a cui devono attenersi quando viene assunto un lavoratore a distanza. E’ stato inoltre analizzato se le località offrono un visto specifico per i lavoratori a distanza.
I ricercatori hanno poi analizzato il costo della vita in ogni città studiando le aliquote fiscali locali, i costi e la disponibilità degli alloggi e quanto sia conveniente la città per cibo, energia e altre spese di soggiorno.
Successivamente, è stata passata al vaglio l’infrastruttura “civica” di ogni città valutando i livelli di stabilità politica, uguaglianza di genere, uguaglianza delle minoranze e uguaglianza Lgbt+. È stato valutato anche il livello di sicurezza e protezione delle città, oltre alla qualità del sistema di istruzione pubblica, del sistema sanitario e dell’accesso dei cittadini all’assistenza sanitaria. Infine è stata valutata la vivibilità di ogni città osservando la qualità e la varietà delle attrazioni culturali offerte, il costo e la qualità della mobilità e i dati sulla “felicità” dei cittadini.
Accelerazione dello smart working
“La pandemia ha accelerato una tendenza già in atto – dice Carsten Lebtig, co-fondatore e ad di WorkMotion – ma molto più velocemente di quanto avremmo potuto immaginare. La tecnologia per il lavoro a distanza era consolidata e in uso già prima della pandemia; quello che è cambiato è la mentalità che le aziende hanno nei confronti del lavoro a distanza”. Ora che l’emergenza si sta calmando, spiega il manager, “molte aziende stanno iniziando a valutare elementi nuovi, quando assumono personale, per esempio prendendo in considerazione l’idea che la persona migliore per il lavoro potrebbe trovarsi in un altro Stato. In questo senso lo studio fornisce strumenti utili su quali paesi dotati di normative più semplici per assumere lavoratori a distanza”.
“Quando identificano possibili destinazioni per il proprio trasferimento, i lavoratori in smart working devono considerare una serie di fattori – commenta Carsten Lebtig, cofondatore e direttore di WorkMotion -. Non molte città possono offrirli tutti, ma è innegabile che le città attrezzate per i lavoratori da remoto diventano più attraenti di quelle che non lo fanno”.