“Il futuro del lavoro è un foglio bianco da scrivere”. È questo l’incipit di “Indipendenti- Guida allo smart working”, il nuovo libro di Marco Bentivogli (edito da Rubettino), da pochi giorni ex segretario generale della Fim Cisl e già in campo nella nuova avventura “5G Italia” (https://www.5g-italia.it) insieme con Luciano Floridi, Enrico Giovannini, Walter Ricciardi, Paolo Venturi. Giorgio Ventre, massimo Chiriatti, Giorgio Gori, Alfonso Fuggetta, Alessandro Rosina, Fabrizio Pagani, Roberta Siliquini, Maria Grazia Carrozza e Francesco Seghezzi, primi firmatari del Manifesto per un’Italia in quinta generazione mobile. Non solo, ha lanciato, sempre con Fuggetta un progetto per un’infrastruttura nazionale (stile Fraunhofer) su innovazione e competenze.
L’emergenza Coronavirus rappresenta e rappresenterà uno spartiacque unico, il punto di non ritorno. “Ora, però, c’è da ragionare”, dice Bentivogli nell’introduzione. “Se il mondo dopo il virus non può essere lo stesso, neanche il lavoro può tornare allo status quo ante”. E il lavoro è “il crocevia delle grandi trasformazioni”, quelle che l’Italia non è ancora stata in grado di cogliere soprattutto sul fronte dell’innovazione declinata in chiave digitale. Ma lo smart working non riguarda solo i lavoratori: “Cambia l’impresa, la mentalità, le gerarchie, le culture organizzative”. E se fino a pochi mesi fa veniva considerato un’opportunità “ora è una necessità urgente”, ne è convinto Bentivogli.
Il titolo “Indipendenti”: ci tiene Bentivogli a sgombrare subito il campo dagli equivoci. “Non si riferisce alla nuova categoria di lavoro emergente ovunque nel mondo, fuori dal lavoro subordinato (dipendente) ma altrettanto dal lavoro autonomo. Peraltro uno degli ingredienti dello smart working è l’autonomia e non l’indipendenza”. Ed è proprio la mancanza di autonomia a “soffocare” produttività e benessere delle persone al lavoro. “E nel lavoro agile è ancora più decisiva la relazione, il lavoro di gruppo, la capacità di coordinamento, con gli altri”. Dunque urge “un salto di qualità dei processi di apprendimento: le organizzazioni e le imprese che creano ‘dipendenze’ sono nocive, ingabbiano le energie migliori degli esseri umani. Per questo avere lavoratori in-dipendenti, responsabili e felici deve diventare un obiettivo generale. Certamente non vanno sottovalutati i problemi etici, sociali e di salvaguardia dei diritti dei cittadini, che alcune innovazioni tecnologiche recano con sé. Ma sono problemi che vanno gestiti, mentre abbandonarsi al tecnodisfattismo serve solo a far perdere di vista le opportunità”. E a tal proposito i “tecnofobi” dovrebbero ricordarsi – evidenzia Bentivogli – “che sono i Paesi che hanno investito di più in tecnologia e formazione ad avere tassi di disoccupazione più bassi: Germania, Corea del Sud e Giappone. E nei primi due casi i lavoratori hanno salari più alti e svolgono mansioni a più alto ingaggio cognitivo e maggiore valore aggiunto”.
È necessario dunque cogliere i megatrend e il loro impatto sull’economia e sul mercato del lavoro e intraprendere politiche che accompagnino la transizione tecnologica per massimizzarne i benefici a vantaggio di tutti: “individuare le competenze del futuro, ripensare tempi e spazi di lavoro, immaginare un diverso sistema educativo e un nuovo sistema di rappresentanza e dei diritti”. Non poteva sfuggire il ruolo del sindacato a un sindacalista nel dna: “Il sindacato è chiamato a giocare un ruolo fondamentale anche negli accordi aziendali per una nuova e più efficiente gestione dei tempi, oggi possibile proprio grazie alla tecnologia”.