Meno infortuni in itinere ma esplodono i rischi per la salute: è una fotografia in chiaroscuro quella che emerge dall’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Salute e sicurezza sul lavoro nella pandemia: nuovi rischi e prospettive di evoluzione dei modelli di gestione” (SCARICA QUI IL REPORT).
Se da un lato il ricorso al lavoro agile taglia del 38,3% le morti nel tragitto casa-lavoro, ammontano a 2,6 milioni gli smart workers che già lamentano problemi di salute legati all’inadeguatezza delle postazioni domestiche. “La pandemia ha cambiato l’approccio alla prevenzione – più “sostanziale” e condiviso tra aziende e lavoratori –ma ha introdotto nuovi modelli organizzativi che espongono il lavoratore a nuove criticità, fisiche e psicologiche” si legge nel report.
“È evidente la necessità di un cambio di paradigma nell’affrontare i temi connessi alla sicurezza sul lavoro, anche in considerazione della capillarità della diffusione dei nuovi modelli organizzativi che interessano tanto la piccola che la grande impresa”, sottolinea Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi. “L’ultimo anno ha dimostrato che la sicurezza, prima che un adempimento, è un valore su cui investire, anche in tema di formazione. A tutti i livelli e per tutte le professionalità”.
Il bilancio degli infortuni durante il 2020 segna inconfutabilmente un’inversione di tendenza rispetto al numero degli infortuni in itinere sul totale complessivo: 100mila denunce nel 2019, poco più di 62mila nel 2020. E soprattutto dell’incidenza di questa voce sul totale in termini di mortalità sul lavoro: 28,1% nel 2019, 16,8% nel 2020, dopo anni di crescita. In particolare tra le donne, per cui sul totale delle morti per infortunio sul lavoro, il 51% era ascrivibile a questa casistica.
Il rendiconto del primo anno mostra però un carico di punti interrogativi rispetto alla possibilità effettiva di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Davanti agli smart workers – si legge nel report – si ampliano i margini di rischio potenzialmente legati a un ambiente di lavoro che può variare nel tempo – il 27% dei lavoratori agili ha lavorato nell’ultimo anno in luoghi diversi dalla propria abitazione, anche per lunghi periodi – che non rispetti le normative minime di sicurezza impiantistica (elettrica, antincendio) o che non presenti ambienti e attrezzature adeguate. Il 48,3% degli smart workers già lamenta disturbi e problemi fisici legati all’inadeguatezza delle postazioni domestiche; problematiche a cui si aggiungono elementi di possibile disagio del lavoro da remoto come l’aumento dello stress, collegato ai tempi di lavoro dilatati e dall’ansia da prestazione (49,7%), dall’indebolimento delle relazioni aziendali (49,7%), dalla paura di marginalizzazione (47%) e dalla disaffezione verso il lavoro (39,9%).