IL PROVVEDIMENTO

Smart working, disegno di legge al rush finale

In settimana il voto al Senato. Parità di trattamento economico e diritto alla disconnessione i pilastri. Corso (Polimi): “Lavoro agile pietra miliare di una nuova organizzazione. Più forte il patto azienda-lavoratore”

Pubblicato il 10 Apr 2017

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Il ddl sullo smart working al rush finale. Nei prossimi giorni il disegno di legge sullo Statuto del lavoro autonomo – il provvedimento norma per la prima volta in maniera organica il lavoro agile – sarà calendarizzato in Senato per il via libera definitivo. Lo smart working non è una nuova tipologia contrattuale ma si configura come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” stabilita mediante accordo tra le parti, caratterizzata dall’utilizzo di strumenti tecnologici, eseguito in parte all’interno dell’azienda in parte all’esterno.

Nel provvedimento si chiarisce che il trattamento economico del lavoratore agile non dovrà essere inferiore a quello applicato ai dipendenti che svolgono le stesse mansioni in azienda. Previsto anche il cosiddetto diritto alla disconnessione, che altro non è che il classico giorno di riposo per chi si reca in ufficio ogni mattina.

Per quanto riguarda le intese aziendali che hanno normato finora il lavoro agile, Maurizio Del Conte, presidente di Anpal, chiarisce che resteranno valide “se in linea con le direttrici fissate dal ddl come ad esempio la parità di trattamento normativo e retributivo perché non si tratta di un contratto di verso ma solo una modalità diversa di svolgere le attività”. Dunque non è consentito alle aziende ridurre lo stipendio a meno che il lavoratore non passi a un part time.

Inoltre il ddl distingue lo smart working dal telelavoro: il primo si svolge “in parte all’interno dei locali aziendali, in parte all’esterno mentre il secondo prevede che le attività vengano svolte fuori.

Il Politecnico di Milano ha stimato che sono circa 250.000 lavoratori dipendenti che fanno smart working in Italia in aziende con oltre 10 dipendenti. Il numero di grandi imprese che lo adottano è passato negli ultimi due anni dall’8% al 30%. Un passo verso lo smart working è stato fatto anche nella pubblica amministrazione, dove attualmente “si contano ancora poche iniziative”. Eppure, i benefici le aziende non sono pochi: aumenti della produttività dal 15 al 20%, riduzione dei costi di real estate e di gestione degli spazi dal 20 al 30%, drastica riduzione dell’assenteismo e miglioramento del clima aziendale e dell’employer branding.

Secondo Mariano Corso responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, l’impianto della legge è adeguato “perché enuncia principi e non inserisce vincoli troppo stretti”.

“Le nuove norme contribuiranno a superare gli ostacoli di natura culturale alla diffusione dello smart working come leva per una nuova organizzazione del lavoro e come stimolo alla trasformazione delle relazioni industriali”. E proprio in questa prospettiva vanno lette, secondo l’esperto, le novità riguardanti la formazione continua.

“Lo smart working – puntualizza Corso – abilita un nuovo patto tra azienda e lavoratore anche sul fronte sicurezza: da un lato di una corretta prudenza da parte del lavoratore e, dall’altro, di una corretta formazione e informazione da parte dell’azienda; diritti che vengono tutelati indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia in ufficio nella normale postazione di lavoro o in un altro luogo”.

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