Più di un dipendente su dieci in smart working proverà ad aggirare i controlli per misurarne la produttività messi in campo dall’azienda grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. A lanciare l’allarme sono le previsioni di Gartner da qui al 2023. Se da una parte così la pandemia da Covid-19 ha contribuito a una crescita sostenuta del lavoro da remoto e degli strumenti per regolarlo, dall’altra con il passare del tempo aumenteranno anche i tentativi di aggirare questi sistemi.
“Molte aziende sono impegnate in un passaggio permanente allo smart working, sia part-time sia full-time – spiega Whit Andrews, ricercatore specializzato in Gartner – e questo potrà richiedere dei costi e necessitare di un cambiamento culturale. Per le aziende che sono abituate a basarsi sull’osservazione visiva del comportamento dei dipendenti il lavoro da remoto rafforza la necessità di un controllo digitale dell’attività dei lavoratori, an alcuni casi anche attraverso algoritmi di intelligenza artificiale”.
“Proprio come abbiamo già avuto modo di constatare con ogni genere di tecnologia che la lo scopo di controllare chi la utilizza – prosegue – i dipendenti scopriranno in fretta i punti deboli delle strategie di sorveglianza basate sull’AI. Lo potrebbero fare per una serie di ragioni, dall’interesse ad avere carichi di lavoro minori a quello a ottenere una paga più alta, o semplicemente per dispetto. Alcuni potrebbero vedere questa sfida più come un gioco che come una mancanza di rispetto, con il rifiuto di fornire verso informazioni che il management ha tutto il diritto di conoscere”.
Secondo l’analisi di Gartner le aziende stanno utilizzando sistemi di analisi abilitati dall’intelligenza artificiale per analizzare le abitudini dei dipendenti nello stesso modo in cui l’AI è utilizzata per capire i comportamenti degli utenti o dei consumatori, con strumenti che forniscono alert, o servizi più sofisticati che possono arrivare a determinare azioni positive o comportamenti scorretti attraverso analisi più complesse. Quanto ai dipendenti, molti utilizzano sistemi di monitoraggio della produttività nonostante un’alta percentuale li trovi poco interessanti. Lo stesso atteggiamento, sottolinea Gartner, si registrava già prima della pandemia, con i lavoratori che avevano già espresso il loro timore sul fatto che la tecnologia potesse monitorare le loro abitudini sul lavoro. La prospettiva ora, secondo le previsioni dell’istituto di ricerca, è che man mano che questi strumenti digitali guadagneranno terreno le aziende prenderanno sempre più l’abitudine di confrontarsi con i lavoratori che tentano di aggirarle.
“Le società dell’IT che stanno pianificando di sviluppare sistemi di monitoraggio basati sull’intelligenza artificiale dovrebbero dare un’occhiata attenta alle fonti dei dati, alla user experience e afgli use case iniziali prima di decidere di investire su questi strumenti – conclude Andrews – Potrenno così arrivare a capire in quali casi la raccolta di informazioni possa supportare i dipendenti da dare il proprio meglio sul lavoro. Per chi poi deciderà di investire su questi sistemi, sarà importante assicurarsi che la tecnologia sia implementata in modo etico e testandola su principi chiave che mettano le persone al centro”