Il governo stringe sullo smart working nella pubblica amministrazione. La direttiva arriverà in conferenza unificata il 25 maggio, come annunciato dal ministro della PA e Semplificazione Marianna Madia in occasione dell’apertura della settimana del lavoro agile lanciata dal Comune di Milano. Il provvedimento rende operativo quanto previsto dalla Riforma della PA: si prevede che almeno il 10% dei lavoratori che lo chiedono potranno sperimentare forme di smart working, senza “penalizzazioni nella loro professionalità e nell’avanzamento di carriera”. Per Madia si tratta di “grande esempio di cambiamento che tiene insieme innovazione e coesione sociale”.
Lo smart working “è una innovazione potente dell’organizzazione del lavoro che mette al centro la tecnologia, è una grande scommessa per cambiare la pubblica amministrazione nell’ottica della qualità del servizio reso al cittadino. Perché conta il risultato e non le ore di lavoro – ha sottolineato il ministro – Nella riforma della pubblica amministrazione abbiamo voluto mettere un articolo specifico”.
L’Italia si appresta quindi a mettere mano all’organizzazione del lavoro. L’annuncio di Madia fa seguito all’approvazione del ddl sul lavoro autonomio che norma anche lo smart working nel settore privato.
l ddl, “promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” questo “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. “La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e, senza una postazione fissa, in parte all’esterno – specifica ancora l’articolato – entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Con questa definizione, introdotta durante l’iter in commissione, si è specificato la diversità con il telelavoro.
Il ddl specifica poi che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa e che gli incentivi fiscali e contributivi eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile. Le norme del del ddl sono applicabili anche alla PA.
Lo stipendio e il trattamento normativo del lavoratore agile fanno riferimento al contratto collettivo e, quindi, non a quello aziendale. Il testo originario del provvedimento prevedeva che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”. L’emendamento Pd chiarisce che queste condizioni sono quelle stabilite dal contratto collettivo.
L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto “ai fini della regolarità amministrativa e della prova”. Inoltre, al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. L’accordo sul lavoro agile può essere a termine o a tempo indeterminato. Il recesso è ammesso, nell’ipotesi di giustificato motivo, anche per l’accordo a termine.
ll lavoro agile è protagonista di un vero e proprio boom. Stando ai numeri dell‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono più di 250mila, nel solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, e rappresentano circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. La crescita dal 2013 è stata sostenuta, segnando un +40% rispetto a tre anni fa. Il “prototipo” del lavoratore smart è un uomo (nel 69% dei casi) con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud) e rileva benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nel work-life balance rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali. Ad adottare il lavoro agile e ad aver realizzato nel 2016 progetti strutturati in questo campo è ormai il 30% delle grandi imprese, quasi il doppio rispetto al 17% dello scorso anno, a cui si aggiunge l’11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” pur senza aver introdotto un progetto sistematico.