Cala l’uso dello smart working in Italia. Lo evidenzia il repori Istat “Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid-19″, secondo cui nell’autunno del 2021 la diffusione delle modalità di smart working o telelavoro è in calo rispetto alla rilevazione effettuata nell’autunno precedente, che aveva colto una fase in cui il riacutizzarsi dell’emergenza sanitaria aveva determinato misure di contenimento e comportamenti sfavorevoli al lavoro in presenza.
La quota di imprese che segnalano l’utilizzo di modalità di lavoro a distanza è risultata del 6,6%, a fronte dell’11,3% registrato nella precedente indagine (oltre il 20% tra marzo e maggio 2020). Le differenze settoriali restano molto ampie e piuttosto stabili nel tempo. L’attività di lavoro a distanza è risultata più frequentemente utilizzata dalle imprese dei servizi: quasi un’impresa su dieci dichiara di farvi ricorso (14% a fine 2020). All’interno del comparto una quota elevata si rileva nei servizi di informazione e comunicazione (34,3%), attività professionali, scientifiche e tecniche (24,4%), istruzione (19,0%) e attività finanziarie e assicurative (17,4%).
Nell’industria, la quota di imprese che si avvalgono di tale forma di lavoro è risultata limitata (5,8%) e di gran lunga inferiore a quella osservata a fine 2020 (11,6%). Nel commercio e nelle costruzioni l’incidenza di imprese in smart working è scesa da circa il 7% di ottobre 2020 a meno del 4% nel 2021. Nel complesso il ricorso a queste tipologie di lavoro, pur in calo in tutte le classi di addetti, è tanto più frequente con l’aumentare della dimensione d’impresa: dichiarano di utilizzare il lavoro a distanza il 4,4% delle micro-imprese e il 10,9% delle piccole mentre la quota raggiunge rispettivamente il 31,4% per le medie e il 61,6% per le grandi. La differenza si osserva in tutti i principali comparti: la quota di grandi imprese che dichiarano di avvalersi dello smart working è del 65% nell’industria e nelle costruzioni, a fronte del 50,8% nel commercio e del 61,9% negli altri servizi.
Nella PA è scontro Brunetta-sindacati
Nella pubblica amministrazione sale il livello dello scontro tra il ministro Renato Brunetta e i sindacati (ma non solo). In un’intervista a Sky Tg24 Brunetta ha sottolineato l’importanza del lavoro in presenza.
“Il governo Draghi ha fatto una grande scelta: vaccini e presenza. Vaccini e gente sul posto di lavoro. Non lo smart working, non chiudersi in casa e non vaccinarsi, ma vaccini, vaccini, vaccini, con tutti gli strumenti possibili – ha detto – Io posso dire per il mio pezzo, lo smart working: piuttosto che chiusi a casa, con il telefonino sulla bottiglia del latte a fare finta di fare smart working, perché diciamocelo a far finta di lavorare da remoto, a parte le eccezioni che ci sono sempre, vaccini, vaccini, vaccini e presenza, con una migliore organizzazione del lavoro”.
Il miniistro ha poi evideziato, in un post su Facebook, di aver voluto “uno smart working finalmente regolato e strutturato, che tutela i diritti dei lavoratori e quelli dei cittadini”.
Parole quelle del ministro che hanno provocato una levata di scudi tra i sindacati. Per la Cgil le dichiarazioni del ministro “screditano il lavoro di tutti coloro che, in questi mesi di emergenza sanitaria, proprio grazie al lavoro agile e affrontando le difficoltà legate alla infrastrutturazione digitale, sono riusciti a garantire la continuità dei servizi, preservando al contempo la salute dei cittadini e dei lavoratori. A loro andrebbe detto grazie”.
“Crediamo – dice Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil – che si debba scommettere sullo smart working, investire in questa nuova forma di organizzazione del lavoro anche attraverso i rinnovi dei contratti”.
“L’innovazione della PA, a cui il Ministro dice giustamente di tenere, non si raggiunge attraverso il controllo o il lavoro solo in presenza, ma – conclude Scacchetti – valorizzando le professionalità e responsabilizzando così lavoratrici e lavoratori nelle proprie attività”.
Tiziana Cignarelli, segretaria generale della Flepar, l’associazione sindacale dei professionisti della PA, evidenzia come il new normal passi per il lavoro agile e la digitalizzazione.
“ Per noi la nuova normalità è l’opposto della vecchia normalità Confidiamo, pertanto, che il ministro Brunetta sappia rivalutare attentamente lo snodo ricostruttivo della PA che passa proprio da lavoro agile e digitalizzazione per nuove organizzazioni nella PA”, evidenzia Cignarelli.
La Uil dice basta alla “retorica sui fannulloni”. “Il ministro ha la memoria corta – si legge in una nota – è stato proprio col lavoro agile dei dipendenti pubblici che l’Italia ha potuto affrontare la pandemia e tenere in piedi il Paese”. Se le cose non vanno per il verso giusto, sottolinea il sindacato, “il ministro dovrebbe interrogarsi sul suo operato. Brunetta è in carica da un anno. Cosa ha fatto per risolvere i problemi reali della Pubblica Amministrazione? A parte roboanti dichiarazioni, nel concreto operare degli uffici pubblici ben poco è cambiato. Non è cambiato il digital divide che taglia in due l’Italia. In tanti uffici non ci sono ancora postazioni e connessioni internet al passo con l’evoluzione tecnologica. Altri gli spazi sono angusti e inadatti a ospitare il personale se non rischiando il contagio”.
“Di tutto questo il ministro non parla – conclude la nota – Sbandiera invece l’aumento del Pil, mentre abbiamo centinaia di migliaia di disoccupati in più, i nuovi posti di lavoro sono nella quasi totalità a termine (compresi i prossimi assunti nella Pubblica Amministrazione). Esca dal palazzo Signor ministro e se ne renderà conto. Oppure rassegni le dimissioni”.
Mal di pancia anche nella maggioranza. A cominciare dai 5 Stelle.“Le dichiarazioni di Renato Brunetta lasciano basiti. Nonostante ci siano studi che dimostrano come, grazie allo smart working, la produttività sia aumentata durante la pandemia, il ministro per la Pubblica amministrazione continua a sparare a zero contro questa modalità di esecuzione del lavoro. E lo fa, anche oggi, con il suo solito mix di stereotipi e luoghi comuni – affermano in una nota le deputate e i deputati del M5S in commissione Lavoro – Abbiamo sostenuto e sosteniamo la vaccinazione come la via maestra per far ripartire l’Italia velocemente e in sicurezza – proseguono – ma non si può certo obiettare sul fatto che in questi due anni il Paese sia potuto andare avanti anche grazie al lavoro agile. Per tale motivo, dipingere sempre e comunque i lavoratori in smart working come dei ‘fannulloni’ è un insulto gratuito e infondato. Noi, al contrario, crediamo che esso vada incentivato e meglio regolamentato e lavoreremo per raggiungere questo obiettivo”.
Nel dibatto interviene anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. “Lo smart working può aiutare, è una grande occasione che può essere colta anche dal Mezzogiorno, soprattutto per le aree interna – ha sottolineato all’evento ‘Italia domani” organizzato a Palermo dalla Presidenza del Consiglio- Un po’ di demonizzazione fatta va rivista, lo dicono le grandi Company: è un modo per ripensare le nostre città, il rapporto tra lavoro e tempo libero, tra periferie e centro”.
“Siamo il primo Paese ad avere fatto un accordo sullo smart working, stabilendo le regole del gioco – ha ricordato il ministro – Dopo la pandemia ci sarà più smart working working rispetto al periodo pre-pandemia. Questo modello pone nuove questioni legate alla socialità, al diritto alla disconnessione, alla sicurezza: per questo non ho voluto intervenire normativamente e ho voluto promuovere un accordo con le parti sociali, siglato nel giorno dello sciopero generale. E’ una buona base per accompagnare l’evoluzione che avrà lo smart working”.