Le misure di allontanamento sociale introdotte in risposta alla pandemia Covid-19 hanno costretto molte persone a lavorare da casa. Nel 2020, il 12,3% degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni nell’Ue ha lavorato da casa: la quota era invece rimasta costante intorno al 5% negli ultimi dieci anni. L’Italia, tuttavia, non si distingue. Secondo i dati divulgati da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, il nostro Paese si posiziona immediatamente al di sotto della media europea, in tredicesima posizione. La percentuale italiana di lavoratori da casa si attesta infatti al 12,2%, preceduta dall’Estonia e seguita dalla Spagna.
Più donne che uomini lavorano da casa
Secondo i dati Eurostat pubblicati in occasione della Giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione (Itu), si registrano tendenze diverse a seconda dell’età e del sesso dei lavoratori, quando si parla di lavoro da casa. Nel 2020 una quota maggiore di donne (13,2%) ha riferito di lavorare abitualmente da casa rispetto agli uomini (11,5%).
Rispetto ad altre fasce di età, inoltre, nel 2020 i giovani avevano meno probabilità di lavorare da casa: solo il 6,3% di quelli di età compresa tra 15 e 24 anni ha riferito di lavorare abitualmente da casa, rispetto al 13,0% di quelli di età compresa tra 25-49 e il 12,4% di quelli di età compresa tra 50 e 64 anni.
Emerge inoltre che, negli anni precedenti, la quota di lavoratori autonomi che riferivano di lavorare abitualmente da casa è stata costantemente superiore alla quota di dipendenti nella stessa situazione. Tale divario si è ridotto nel 2020 poiché la quota dei dipendenti che lavorano abitualmente da casa è aumentata dal 3,2% nel 2019 al 10,8%, mentre la quota dei lavoratori autonomi è aumentata in misura minore: dal 19,4% nel 2019 al 22,0% nel 2020.
Percentuale più alta in Finlandia, Lussemburgo e Irlanda
La Finlandia risulta in cima alla lista degli Stati membri dell’Ue per il lavoro a domicilio, con il 25,1% degli occupati che hanno abitualmente lavorato da casa nel 2020. Seguono il Lussemburgo (23,1%) e l’Irlanda (21,5%). Al contrario, le percentuali più basse di lavoratori domestici sono state segnalate in Bulgaria (1,2%), Romania (2,5%), Croazia (3,1%) e Ungheria (3,6%).