IL PROVVEDIMENTO

Smart working, procedura semplificata fino al 31 luglio. Ma gli italiani sono divisi

Nel decreto riaperture la proroga delle regole “light” oltre il 30 aprile. Report Consulenti del Lavoro: solo un dipendente su due è pienamente soddisfatto del lavoro agile. Apprezzato il work-life balance ma pesa la mancata socialità

Pubblicato il 26 Apr 2021

smart-working

Smart working semplificato fino al 31 luglio 2021. Il governo ha inserito la proroga nel decreto n. 52/2021, il cosiddetto decreto Riaperture.

L’articolo 11 del decreto legge proroga fino al 31 luglio – la procedura semplificata era in vigore fino al 30 aprile – i  termini   correlati   con   lo   stato   di   emergenza epidemiologica da Covid-19.

“I  termini  previsti  dalle  disposizioni  legislative  di  cui all’allegato 2 sono prorogati fino al 31 luglio 2021, e  le  relative disposizioni vengono attuate nei  limiti  delle  risorse  disponibili autorizzate a legislazione vigente”, recita l’articolo.

Si tratta nel dettaglio dei commi 3 e 4 dell’articolo all’articolo 90 del decreto Rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77) che introducono regole semplificate per i datori di lavoro che ricorrono allo smart working nel periodo emergenziale.

Il decreto Sostegni non aveva prorogato oltre il 30 aprile la procedura semplificata, introdotta un anno fa dal governo Conte in deroga alla legge m.81/2017, all’inizio dell’emergenza Covid, e successivamente fatta slittare a fine aprile dal Milleproroghe, convertito nella legge n. 51 del 1° marzo 2021.

La proroga era prevista solo per i lavoratori cosiddetti fragili che potranno lavorare in modalità “agile” fino al 30 giugno 2021. L’articolo 15 del provvedimento stabilisce inoltre che quando lo smart working non sia compatibile con le mansioni, e sempre fino al 30 giugno 2021, è possibile assentarsi dal lavoro senza perdere il proprio posto: i giorni di assenza non vengono calcolati nel periodo massimo di malattia, il cosiddetto “periodo di comporto”.

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Smart working, come funziona la procedura semplificata

Fino al 31 luglio 2021 i datori di lavoro privati possono applicare la modalità di lavoro agile a ogni rapporto di lavoro subordinato e senza bisogno di redigere un accordo individuale con i lavoratori. Gli obblighi di informativa in materia di sicurezza sul lavoro possono essere assolti online, utilizzando la documentazione disponibile sul sito Inail.

Il Ministero del lavoro ha reso disponibile dei moduli da compilare online con seguenti dati: codice fiscale del datore di lavoro; codice fiscale del lavoratore e suoi dati anagrafici; posizione assicurativa territoriale Inail; data di inizio e di fine del periodo di lavoro agile.

L’accesso all’applicativo informatico da utilizzare per l’invio della comunicazione è consentito tramite Spid.

La comunicazione va effettuata entro il giorno antecedente a quello di inizio della prestazione agile mentre la mancata comunicazione comporta una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore.

Lo studio dei consulenti del lavoro sul lavoro agile

Lo smart working divide gli italiani, condizionati dalle modalità con cui è stata vissuta l’esperienza e, soprattutto, dal contesto familiare e domestico in cui si è svolta (7,3 milioni ad aprile 2021). Il bilancio è positivo sul fronte dell’aumentata possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro ma, insieme, emergono criticità che possono avere effetti anche sul clima aziendale e sulle relazioni di lavoro, fino ad arrivare alla disaffezione. È quanto emerge dal capitolo “Smart working, una rivoluzione nel lavoro degli italiani”, contenuto nel Rapporto “Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza” che sarà presentato in occasione del Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla sua Fondazione Studi il 28 e 29 aprile 2021 (tutti i dettagli sulla manifestazione si trovano sul sito www.festivaldellavoro.it).

Il 16,7% dei lavoratori intervistati guarda allo smart working come un punto di non ritorno della propria vita professionale; oltre il 10,7% cercherebbe un qualsiasi altro lavoro pur di svolgerlo da casa. Il 43,5% si adatterebbe al ritorno in ufficio, ma 4 su 10 sarebbero contenti di tornare a lavorare tutti i giorni in presenza. L’esperienza dell’ultimo anno è stata, infatti, vissuta in modo molto diverso da giovani e adulti, da lavoratori con figli e senza.

In termini relazionali e di carriera gli uomini sembrano aver patito maggiormente il lavoro da casa (52,4% contro 45,7% delle donne), guadagnando però in produttività e concentrazione. Viceversa, le donne hanno sofferto l’allungamento dei tempi di lavoro (57% contro il 50,5% degli uomini) e l’inadeguatezza degli spazi casalinghi (42,1% contro 37,9%), evidenziando un maggior rischio di disaffezione verso il lavoro (44,3% rispetto al 37% dei colleghi).

Ma se lo smart working ha permesso 6 volte su 10 di conciliare meglio professione e vita privata, non è stato così per chi aveva maggiori carichi familiari. In primis le coppie, il cui work-life balance è peggiorato per il 43% del campione. Ma l’home working ha avuto anche ricadute pratiche, in termini di spesa e disturbi fisici legati a postazioni domestiche inadeguate. Il 71,1% dichiara di aver diminuito le spese per spostamenti, vitto e vestiario, investendo in consumi legati al tempo libero nel 54,7% dei casi, ma il 48,3% paga il conto per l’utilizzo di sedie e scrivanie improvvisate e il 39,6% lamenta l’inadeguatezza degli spazi e delle infrastrutture, come i collegamenti di rete.

L’indagine, in sostanza, conferma, da una parte, un maggiore ricorso al lavoro agile tra i lavoratori più qualificati e le grandi aziende (terziario, servizi alle imprese, credito e assicurazioni) e, dall’altra, una resistenza legata ad una cultura organizzativa del lavoro orientata ancora su modelli tradizionali. Al centro i lavoratori sotto i 35 anni, per i quali non si può più tornare indietro.

“La varietà delle casistiche riportate all’interno del Rapporto – spiega Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – evidenzia la necessità di ripensare alla regolazione del lavoro subordinato, auspicabilmente lasciando alla contrattazione collettiva il compito di rintracciare le migliori soluzioni per contemperare le richieste di imprese e lavoratori. Sarà interessante confrontarsi anche su questo tema con il mondo della politica, delle imprese e delle parti sociali durante il Festival del Lavoro”.

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