Garantire il diritto alla disconnessione ai tempi dello smart working. Ai microfoni di Rainews 24, il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, sottolinea la necessità di innovare le regole di un mercato del lavoro in profonda evoluzione.
“Dobbiamo pensare a un nuovo Statuto dei lavoratori, un codice del lavoro molto semplificato che estenda tutele ai lavoratori che oggi non ne hanno – ha spiegato – C’è anche il tema di come regolare lo smart working, il diritto alla disconnessione e la conciliazione dei tempi di vita”.
Già nella legge 81 del 2017 si parla di diritto alla disconnessione, rimandando però agli accordi individuali o collettivi in azienda l’adozione di “misure tecniche e organizzative necessarie” ad assicurarlo. In questi anni alcune grandi aziende hanno garantito questo diritto, applicandolo per esclusione: viene stabilita una fascia oraria in cui il lavoratore è reperibile, al di là si quell’orario resta inteso che non lo sia.
In questi mesi di emergenza, il ricorso massivo e improvviso a modalità di lavoro agile ha naturalmente aperto nuovi fronti da presidiare, come quelle del benessere del lavoratore e della tutela dei dati. Secondo un report stilato da Linkedin lavorare da casa, per il 48% del campione analizzato, si è tradotto in un surplus nel carico di lavoro. Quasi un italiano su due ha lavorato almeno un’ora in più al giorno: sviluppando il dato, si scopre come ci sia stato un eccesso di 20 ore lavorate in più in un solo mese di smart working.
Il lavoro agile ha portato il 22% degli italiani a rispondere più rapidamente alle esigenze dell’azienda e a essere disponibile online più a lungo del normale, ha avuto anche dei riscontri sulla salute dei dipendenti. È emerso che il 46% dei lavoratori si sente più ansioso o stressato, il 19% prova una sensazione di sconforto relativa alla sopravvivenza della propria azienda e il 18% ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale. Aprendo a uno scenario da burnout: un lavoratore su cinque ha riscontrato problemi di salute mentale e ben il 27% non riusciva a dormire. Il 22% ha avuto stati di ansia e il 26% problemi di concentrazione.
Il qadro descritto da Linkedin non è molto dissimile da quello disegnato dallo studio Cgil-Fondazione Di Vittorio che rileva, anch’esso, un rischio burnout anche legato alla mancanza di regole certe sulla disconnessione. Nel 37% dei casi il lavoro agile è stato attivato in modo concordato con il datore di lavoro; nel 36% dei casi in modo unilaterale dal datore di lavoro; nel 27% dei casi in modo negoziato attraverso l’intervento del sindacato.
“Gli strumenti che abbiamo sono il contratto collettivo nazionale e il contratto aziendale – ricorda il segretario generale della Cgil Maurizio Landini – Nei nuovi contratti vanno affrontate tutte le questioni e i problemi che sono emersi sull’applicazione dello smart working, dalla formazione al diritto di disconnessione. Prevedere pause, fare distinzioni tra lavorare il giorno e la notte, di sabato e festivi, sui mezzi da utilizzare, evitare le discriminazioni di genere: bisogna allargare la contrattazione e fare in modo che tutte le modalità di lavoro, compreso lo smart working, siano regolamentate”.