LAVORO

Smart working, scatta il conto alla rovescia: dal 30 aprile stop alle deroghe sugli accordi azienda-lavoratori

Il decreto Sostegni non ha prorogato la deadline se non per i dipendenti più fragili. L’allarme dei sindacati: “Da maggio si rischia il caos. Intervenire subito”

Aggiornato il 07 Apr 2021

smart home- smart working

Aggiornamento 27 aprile 2021

Smart working semplificato fino al 31 luglio 2021. Il governo ha inserito la proroga nel decreto n. 52/2021, il cosiddetto decreto Riaperture.

L’articolo 11 del decreto legge proroga fino al 31 luglio – la procedura semplificata era in vigore fino al 30 aprile – i  termini   correlati   con   lo   stato   di   emergenza epidemiologica da Covid-19.

“I  termini  previsti  dalle  disposizioni  legislative  di  cui all’allegato 2 sono prorogati fino al 31 luglio 2021, e  le  relative disposizioni vengono attuate nei  limiti  delle  risorse  disponibili autorizzate a legislazione vigente”, recita l’articolo.

Si tratta nel dettaglio dei commi 3 e 4 dell’articolo all’articolo 90 del decreto Rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77) che introducono regole semplificate per i datori di lavoro che ricorrono allo smart working nel periodo emergenziale.

L’allarme sulla fine della procedura semplificata

Scatta l’allarme smart working. Il decreto Sostegni non ha infatti prorogato oltre il 30 aprile la procedura semplificata, introdotta un anno fa dal governo Conte in deroga alla legge m.81/2017, all’inizio dell’emergenza Covid, e successivamente fatta slittare a fine aprile dal Milleproroghe, convertito nella legge n. 51 del 1° marzo 2021.

Il Sostegni ha previsto una proroga solo per i lavoratori cosiddetti fragili che potranno lavorare in modalità “agile” fino al 30 giugno 2021. L’articolo 15 del provvedimento stabilisce inoltre che quando lo smart working non sia compatibile con le mansioni, e sempre fino al 30 giugno 2021, è possibile assentarsi dal lavoro senza perdere il proprio posto: i giorni di assenza non vengono calcolati nel periodo massimo di malattia, il cosiddetto “periodo di comporto”.

Inoltre si equiparano i periodi di assenza dei dipendenti con immunodeficienze e disabilità certificate ai periodi di ricovero ospedaliero.

Per tutti gli altri lavoratori invece resta la deadline del 30 aprile. Oltre quella data, senza un intervento legislativo, tornerebbe in vigore quanto previsto dalla legge sul lavoro agile 81/2017 ovvero il ricorso agli accordi individuali per regolare l’esecuzione di un rapporto di lavoro caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. E la comunicazione al ministero del Lavoro.

L’allarme dei sindacati

Tra i primi a lanciare l’allarme il segretario generale Fim Cisl, Roberto Benaglia. “Fra poco più di 3 settimane milioni di lavoratori in smartworking, tra cui molti metalmeccanici, rischiano di non avere più regole di riferimento per lavorare a distanza durante la pandemia – evidenzia Benaglia – Il decreto legge “Sostegni” infatti non ha reiterato la gestione emergenziale che ha accompagnato da oltre 1 anno la pandemia e che scade il prossimo 30 aprile”.

Secondo il sindacalista è poco prevedibile che tale dimenticanza possa essere corretta in sede di conversione parlamentare del decreto, che avverrà sicuramente nel mese di maggio inoltrato.

“Siamo di fronte a un possibile salto nel vuoto nel rapporto tra lavoratore e impresa che getta nell’incertezza una platea importante di lavoratori, a cui bisogna porre rapidamente rimedio – spiega – Siamo ancora in fase emergenziale, proponiamo che sia la contrattazione collettiva, sia a livello nazionale che in azienda, a colmare questo vuoto e a cominciare a costruire regole che superino la pura emergenza e che puntino a rendere stabile e sostenibile il lavoro agile anche per le migliaia di imprese e milioni di lavoratori che non lo hanno mai trattato sulla base della volontarietà prevista dalla legge istitutiva 81/17. E’ tempo ormai che si cominci a costruire una regolazione che renda stabile, anche se ridotto ad alcuni giorni alla settimana, il lavoro agile per le tante imprese e i tanti lavoratori che lo hanno cominciato a praticare durante la pandemia”.

È necessario dunque superare la partica degli accordi individuali che  lascerebbero in questo caso il lavoratore in una posizione debole. “Le regole della legge 81 erano state pensate per imprese motivate e lavoratori volontari – puntualizza Benaglia – Ora dobbiamo pensare a chi da poco tempo è stato introdotto in questa realtà. La contrattazione aziendale sta già regolando questa nuova modalità di lavoro nelle grandi aziende per una fetta importante di lavoratori. Dobbiamo estenderla urgentemente nel dialogo e nel confronto con le parti datoriali per supportare un cambio di passo e costruire regole pensate per l’uscita dalla fase emergenziale della pandemia”.

Diritto alla disconnessione, gestione del lavoro osservando regole di salute e sicurezza, formazione ad hoc per dipendenti e loro responsabili, fornitura degli strumenti idonei, rispetto di regole condivise in tema di orari e flessibilità sono le principali questioni che vanno ora affrontate per evitare un lavoro da casa in isolamento e fuori controllo.

Smart working, cosa sta succedendo nella PA

La deadline del 30 aprile riguarda anche i lavoratori del settore pubblico. Il ministro della PA, Renato Brunetta, ha di recente firmato il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale con i sindacati. Una parte importante della strategie riguarda appunto lo smart working.

Nella PA la sfida è la messa a regime in vista della fine dell’emergenza sanitaria. In questo senso governo e sindacati si impegnano a definire nei futuri contratti collettivi nazionali una disciplina normativa ed economica del lavoro agile che superi l’attuale assetto emergenziale, garantendo condizioni di lavoro trasparenti e conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni. Priorità anche alle tutele e ai diritti come quello alla disconnessione, alla formazione come diritto soggettivo e alla tutela dei dati personali.

Intanto sono entrati nel vivo i lavori dell’Osservatorio nazionale sullo smart working. Si è insediata lo scorso 3 marzo, su mandato del ministro, la Commissione tecnica della “task force”, coordinata dal presidente dell’Aran, Antonio Naddeo.

Compito della Commissione sarà verificare l’avanzamento delle amministrazioni nella stesura dei Piani organizzativi del lavoro agile (Pola), pubblicati sinora da 54 amministrazioni statali sulle 162 monitorate attraverso il Portale della performance del Dipartimento della Funzione pubblica.

Finora il 33% delle PA ha pubblicato i Pola, i piani organizzativi del lavoro agile. Risulta dal monitoraggio Portale della performance del Dipartimento della Funzione pubblica, secondo sono 54 su 162 le amministrazioni che hanno rispettato la scadenza prevista del 31 gennaio 2021, fissata dal decreto Rilancio.

Inoltre sarà chiamata a ragionare sugli strumenti di organizzazione del lavoro agile in vista del superamento della fase legata all’emergenza sanitaria. Gli esiti delle analisi e degli studi saranno riportati all’Osservatorio, cui spetterà fornire spunti e proposte di carattere normativo, organizzativo e tecnologico per migliorare lo smart working nella Pubblica amministrazione.

“Lo smart working è stato certamente fondamentale durante la fase acuta della pandemia e ha segnato un cambiamento culturale da cui bisogna trarre tutte le conseguenti analisi – ha spiegato Brunetta – Ora occorre ricondurlo ad essere uno degli strumenti di organizzazione del lavoro delle singole amministrazioni, strettamente connesso al livello di qualità dei servizi da fornire a cittadini e imprese. Sarà un punto all’ordine del giorno della nuova contrattazione, per quanto riguarda la regolazione. Un tema su cui le parti sociali pubbliche e private sono chiamate a riflettere. Il fenomeno va studiato a fondo e servono grandissimi investimenti dal punto di vista progettuale, di relazioni sindacali, regolativi, infrastrutturali e di intelligenza sociale anche alla luce della sfida della transizione digitale che l’Europa ci chiama a raccogliere”.

Smart working, cosa prevede la legge sul lavoro agile

Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).

Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’Inail nella Circolare n. 48/2017.

A partire dal 15 novembre 2017, le aziende sottoscrittrici di accordi individuali di smart working possono procedere al loro invio attraverso l’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nell’invio dell’accordo individuale dovranno essere indicati i dati del datore di lavoro, del lavoratore, della tipologia di lavoro agile (tempo determinato o indeterminato) e della sua durata. Sarà, inoltre, possibile modificare i dati già inseriti a sistema o procedere all’annullamento dell’invio.

Le aziende che sottoscrivono un numero di accordi individuali elevato potranno effettuare la comunicazione in forma massiva.

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Articolo originariamente pubblicato il 27 Apr 2021

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