LAVORO

Tim scommette sullo smart working: intesa con i sindacati

Dopo la sperimentazione terminata a marzo, l’azienda firma con Fistel, Uilcom e Ugl Tlc: adesione volontaria al lavoro agile per 12mila dipendenti. Ugliarolo: “Ora riaprire la contrattazione di secondo livello”

Pubblicato il 21 Lug 2017

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Tim rilancia sullo smart working. E’ stato firmato ieri l’accordo sindacale tra l’azienda e Fistel, Uilcom e Ugl Tlc che sarà replicabile anche nelle altre società del Gruppo. La firma fa seguito alla sperimentazione decisa dall’azienda e terminata a marzo 2017. La Slc e gli autonomi non hanno firmato e dunque non è stata raggiunta la maggioranza (34 firme di rappresentanti sindacali su 71) ma, stando a quanto risulta a CorCom, l’azienda si impegnata comunque ad applicare quanto deciso ieri, mettendo tutto per iscritto nelle lettere che arriveranno ai lavoratori “smart”.

Dal 1° settembre 2017 al 31 dicembre 2018 12mila lavoratori di Tim potranno aderire volontariamente al lavoro agile: l’accordo prevede un sistema di verifiche trimestrali a livello nazionale con puntuale e periodica informativa anche alle strutture sindacali territoriali-Rsu.

Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom esprime soddisfazione “perché con questa intesa si concretizza un percorso che favorisce l’equilibrio tra tempi di vita personale e tempi di lavoro con particolare attenzione alle esigenze di cura familiare. Contestualmente impegna l’azienda a condividere con le parti sociali le modalità di attuazione del lavoro agile ed a confrontarsi con incontri di verifica, importanti per monitorare puntualmente l’andamento dello strumento”.

“L’intesa arriva a poco più di un mese dalla firma del premio di risultato – evidenzia Ugliarolo – Auspichiamo che con Tim si possa riaprire una discussione più ampia su tutta la contrattazione di secondo livello”.

ll lavoro agile è protagonista di un vero e proprio boom. Stando ai numeri dell‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono più di 250mila, nel solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, e rappresentano circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. La crescita dal 2013 è stata sostenuta, segnando un +40% rispetto a tre anni fa. Il “prototipo” del lavoratore smart è un uomo (nel 69% dei casi) con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud) e rileva benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nel work-life balance rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali. Ad adottare il lavoro agile e ad aver realizzato nel 2016 progetti strutturati in questo campo è ormai il 30% delle grandi imprese, quasi il doppio rispetto al 17% dello scorso anno, a cui si aggiunge l’11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” pur senza aver introdotto un progetto sistematico.

Si tratta di un trend sempre più rilevante soprattutto nelle grandi imprese. Ma le potenzialità di adozione sono maggiori: l’Osservatorio stima che ad oggi gli smart worker sono ancora solo 250 mila, circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti.

La legge sul lavoro agile approvata in Senato il 10 maggio 2017 fornirà un’ulteriore spinta alla diffusione del lavoro agile nei prossimi mesi, rimuovendo anche l’alibi della mancanza di un riferimento normativo.

Cresce il numero di aziende che opta per flessibilità di orario e riprogettazione degli spazi fisici: Ferrovie, Microsoft, Barilla, American Express, Vodafone e Ferrero hanno già avviato progetti di smart working.

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