STRATEGIE

Tlc alla sfida del lavoro 4.0, Di Raimondo: “Serve un fondo di settore”

Il profondo processo di trasformazione del settore ha impatti importanti sull’organizzazione e sui contenuti del lavoro. Più formazione e risorse ad hoc possono facilitare la sostenibilità occupazionale. Relazioni industriali cruciali. L’analisi del direttore di Asstel

Pubblicato il 08 Gen 2019

Laura Di Raimondo*

direttore Asstel

LAURA DI RAIMONDO ASS TEL

Il settore Tlc vive un momento di grandi sfide e di grandi cambiamenti. Da una parte, è l’abilitatore strategico della trasformazione digitale del Paese, impegnato a realizzare le nuove reti di comunicazione ultra-broadband, fisse e mobili. Dall’altra è interessato  da un profondo processo di trasformazione, con impatti importanti sull’organizzazione e sui contenuti del lavoro. Non c’è dubbio che in questo contesto gli sforzi messi in campo dagli operatori del settore per cogliere le opportunità della digitalizzazione e per gestire le sfide industriali rappresentano contributi di rilevanza nazionale per la trasformazione digitale del Paese.

Ne dà conto l’entità degli investimenti sulle reti, una voce che nei bilanci delle imprese Tlc nell’arco degli ultimi 10 anni ha raggiunto quota 70 miliardi di euro. Da ultimo in ordine di tempo, vanno considerati i 6,6 miliardi investiti per le frequenze 5G, tecnologia fondamentale in quanto, insieme alla fibra ottica, abilita tutti quei servizi digitali necessari alla competitività delle imprese e all’evoluzione di settori socialmente rilevanti quali, ad esempio, la manifattura, i trasporti, la sanità e la sicurezza, oltre naturalmente il mondo dei servizi pubblici.

Permangono, tuttavia, notevoli gap sullo stato generale di digitalizzazione del Paese. La sfida principale è rappresentata dalla carenza di competenze digitali, fattore che penalizza la performance italiana sotto tutti gli aspetti considerati. Ed è proprio la sfida delle competenze,  quindi della trasformazione del lavoro, che la filiera sta intraprendendo, con uno sforzo importante in primis delle aziende in termini di investimenti, capacità negoziali e creatività delle soluzioni. Ciò in linea con la necessità di trovare i punti di equilibrio tra le esigenze d’innovazione e la capacità di individuare le misure necessarie ad accompagnare i cambiamenti, valorizzando quanto di positivo si è già fatto, gestendo le implicazioni sull’occupazione e aggiornando regole obsolete nate in un mondo analogico.

Con questa consapevolezza Asstel ha avviato nei mesi scorsi “Lavoro Digitale”, un’iniziativa che mira ad approfondire i temi centrali attraverso momenti di riflessione e confronto, tra i responsabili delle risorse umane e delle relazioni istituzionali delle aziende associate e gli  interlocutori interessati  del mondo politico, istituzionale e degli altri settori produttivi. Nei due seminari già realizzati, a cui hanno preso parte fra gli altri giuslavoristi, parlamentari e esponenti del governo, fra cui l sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, è emersa come parola chiave la sostenibilità occupazionale. Ovvero la capacità di preservare l’occupabilità e la rioccupabiltà delle persone e prevenire le conseguenze negative di ordine sociale del cambiamento strutturale, attraverso una combinazione coerente e simultanea di strumenti.

Oggi nell’ambito di tutta la filiera delle Tlc operano circa 200 mila addetti. Per quanto riguarda i dipendenti, la quota con un’età media superiore ai 55 anni è aumentata nell’ultimo quadriennio dal 6% al 12% e la percentuale con un’anzianità superiore ai 10 anni è salita dal 60% al 70%. Da un lato abbiamo, quindi, una forza lavoro che sta invecchiando velocemente a causa di un turnover quasi nullo e a profili professionali che rischiano di divenire rapidamente obsoleti. Dall’altro, i giovani neo-assunti si presentano troppo spesso con competenze non allineate rispetto ai profili richiesti da un mercato fortemente condizionato dai processi di trasformazione digitale.

La sostenibilità occupazionale trova nella formazione uno strumento indispensabile da declinare a tutto campo, sia per accrescere le competenze professionali dei giovani neo-diplomati e laureati, sia per agevolare il processo di riconversione professionale di chi, invece, è in età matura ma ancora distante dall’età pensionabile. Accanto ai programmi di formazione, che devono trovare supporto finanziario da parte sia delle imprese private che  delle istituzioni pubbliche (anche attraverso un adeguato utilizzo dei finanziamenti europei) occorre contemporaneamente agire sulle misure del lavoro per migliorare il bilanciamento tra politiche passive e attive, lavorando a un piano, a regia nazionale, che preveda il coinvolgimento diretto della filiera, con l’obiettivo di rendere efficace l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e ottimizzare le ricadute positive per tutti i soggetti coinvolti: lavoratori, imprese, territori.

Alla luce di questi nuovi scenari della filiera, Asstel credendo fortemente nella realizzazione di un percorso per dare concretezza al concetto di sostenibilità occupazionale, ha iniziato a lavorare sulla possibilità di istituire un Fondo di solidarietà di settore”, che potrebbe essere uno strumento in grado di offrire il necessario supporto ai processi di trasformazione verso la digitalizzazione. È chiaro, quindi, che occorre ripensare al tradizionale modello del lavoro, a partire da temi lungamente codificati come la dimensione dell’orario di lavoro, i profili professionali e la remunerazione della prestazione, elementi che devono trovare una loro dimensione dinamica sia nell’espletamento delle prestazioni lavorative, sempre più varie e ibride, sia nella valutazione dei risultati raggiunti. Siamo sempre più consapevoli che il percorso di trasformazione deve avvenire all’interno di un quadro regolatorio chiaro e univoco. In tale contesto sarà determinante il ruolo delle relazioni industriali che, attraverso la contrattazione, dovranno affrontare, con velocità e consapevolezza, la sfida per la definizione di nuove misure che accompagnino il processo di evoluzione del lavoro in sintonia con lo sviluppo tecnologico.

Si tratta di una sfida che Asstel intende portare avanti con determinazione e consapevolezza, partendo dal fondamentale principio che i contenuti della contrattazione – nazionale e aziendale –  saranno tanto più efficaci quanto più saranno rappresentative le parti che la definiranno.  E’ questa, anche, la strada per prevenire un fenomeno come quello dei “contratti pirata” che rendono più deboli non solo i lavoratori, ma anche le imprese. Crediamo infatti che solo parti sociali veramente rappresentative potranno accompagnare, con una forte assunzione di responsabilità, i processi di trasformazione complessi che attendono in particolare la nostra filiera attraverso una contrattazione che sappia anticipare le soluzioni più appropriate e sostenibili per i lavoratori e le imprese.

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