LA GRANDE MANOVRA

5G, nuvole nere sulla road map: Tv italiane pronte allo switch off?

Pubblicato il decreto del Mise sul calendario per il rilascio delle frequenze in banda 700 Mhz: tappe a partire dal 2020 e adozione in simultanea dello standard Mpeg4. Ma già si profila una guerra sottotraccia per ottenere modifiche

Pubblicato il 14 Ago 2018

R. C.

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Come anticipato da Corcom il ministero dello Sviluppo pubblica online (bruciando i tempi del passaggio in Gazzetta ufficiale) il decreto per la road-map nazionale per la liberazione della banda 700 Mhz attualmente “occupata” dalle emittenti televisive. Ma già si configura una guerra – per ora sottotraccia – tra i player in campo per rivedere lo “switch-off” a proprio favore: più tempo o più capacità trasmissiva.

Operatori TV nazionali e locali e produttori di apparati di ricezione del segnale televisivo stanno cominciando ad affilare le armi in vista della ripresa dei giochi a settembre. Quando si riapriranno i tavoli con le istituzioni e le partite parlamentari. Un segnale era già emerso a inizio agosto con la presentazione di un emendamento – poi saltato – a firma tra gli altri di Ignazio La Russa (Fdi), Luigi Vitali (FI), Francesco Verducci (Pd), Loredana De Petris (Leu), Pippo Pagano (Ap)  – che puntava alla proroga di circa sei mesi di alcuni passaggi del processo per la liberazione delle frequenze. La battaglia potrebbe riprendere anche se le condizioni appaiono ora, a decreto firmato, più stringenti: il Governo del resto ha manifestato a più riprese la volontà di procedere a passo spedito secondo le tabelle di marcia concordate a livello internazionale: la roadmap assicurerà, ha detto il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio nel corso di un’audizione in commissione Trasporti della Camera, “il rispetto del termine ultimo del 2022″ richiesto dall’Europa.

In ballo il “maxi-trasloco” in più tappe che gli operatori di rete dovranno operare per trasmettere non più sulle frequenze della banda 700Mhz, ma su quelle sub-700: sulla scacchiera dell’etere gli impianti dovranno spengersi e riaccendersi tenendo conto di stringenti picchetti: tra gli altri la necessità di utilizzo – al contrario di quanto sta succedendo tutt’oggi – delle sole frequenze coordinate a livello internazionale, la riserva alle Tv locali di un terzo dello spazio a disposizione, la ”traduzione” in capacità trasmissiva della dotazione delle emittenti finora definita in base alle frequenze.

Un complesso gioco in cui ogni mossa è concatenata all’altra, a partire dalla realizzazione da parte della Rai dell’atteso mega-multiplex che dovrà servire le trasmissioni locali – sia Rai sia di altre eventuali Tv. Ma anche un gioco di cui molti operatori, dai nazionali alle locali, punteranno ad allargare le maglie a proprio vantaggio per strappare tempi più lunghi o condizioni trasmissive più favorevoli.

Due le date cardine per il processo di switch-off previste dalla road map: gennaio 2020 – quando cominceranno ad abbandonare la banda 700 Mhz Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania e Sardegna. E giugno 2022, quando l’abbandoneranno Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia (tranne la provincia di Mantova), Piacenza, Trento e Bolzano). L’Italia è stata suddivisa in 4 aree geografiche per evitare interferenze da parte dell’attuale digitale terrestre con il segnale Lte sui 700 MHz dei vicini francesi (la Francia ha già effettuato l’asta per queste frequenze) prossimi all’accensione del segnale.

Non basta: parallelamente al rilascio delle frequenze le mittenti dovranno cambiare, questa volta in simultanea, tecnologie di trasmissione: il primo gennaio 2020 verrà abbandonata la codifica Mpeg2 (sempre su standard Dvb-T, cioè quello attuale) a favore dell’Mpeg4 – lo stesso peraltro adottato dalla Francia – che raddoppia la capacità trasmissiva.

I televisori degli italiani saranno pronti a trasmettere con i nuovi standard? Il passaggio fa discutere. Nonostante le stime ufficiali parlino di un parco italiano Tv oggi adeguato all’80-90% di apparecchi in grado di ricevere con Mpeg4 (si tratta di televisori acquistati anche 10 anni fa), associazioni di categoria e indiscrezioni su alcune testate lanciano l’allarme sul rischio “schermo nero” per 10 milioni di apparecchi. E spingono sulla necessità di dilatare i tempi della “grande manovra” per consentire un più agevole switch-off. Anche su questo fronte, la partita non si prospetta priva di ostacoli.

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