Secondo Accenture tra il 2007 ed il 2011 in Italia il ricavo medio per lettore (sia nella componente di vendita dei contenuti, sia nella componente advertising) ha subito una sostanziale diminuzione, registrando un Cagr (tasso annuo di crescita composto) del -14%. In sintesi, l’informazione prodotta quotidianamente dagli editori, accessibile da cartaceo e online, oggi vale poco meno di 80 centesimi di euro a lettore, il 40% in meno (60 centesimi) rispetto al 2007. Il “contributo digitale”, sapientemente gestito, potrebbe portare ai quotidiani fino al 30% dei ricavi in più entro il 2016.
La trasformazione digitale ha accorciato le distanze tra i diversi attori del mondo dell’editoria, permettendo allo scrittore di vendere direttamente al suo lettore, al giornalista di interagire con i suoi lettori, producendo contenuti ad hoc, riservando scoop, integrando i propri contenuti multimediali, insomma definendo in prima persona una propria linea editoriale. Persino il lettore si trasforma frequentemente in giornalista/scrittore, rendendo disponibile al mondo le proprie opinioni e i propri contributi multimediali.
Secondo Massimo Morielli, Responsabile Media&Entertainment di Accenture “La cultura dei social media, della condivisione e delle community online non fa che amplificare il comportamento del consumatore. Si tratta di una sfida ma anche di una grande opportunità per gli operatori del settore, che in Italia stanno ancora esplorando le potenzialità del canale digitale”.
Una notizia ad esempio è diffusa e diffondibile da una moltitudine di soggetti più o meno istituzionali, da social network o local editor, da blogger o twitter, dalle immagini su YouTube, da aggregatori di contenuti quali Flipboard e Pulse, da blogging platform come il Huffington Post; e può essere fruita attraverso un’ampia varietà di strumenti interconnessi tra loro come smartphone, tablet, pc, per finire alla connected tv.
In tale contesto i modelli di business finora utilizzati dagli editori devono cambiare, cogliendo le opportunità offerte dal digitale. Quelle che fino ad oggi erano state le due principali fonti di ricavo (diffusione e raccolta pubblicitaria) sono ormai messe fortemente in discussione dalla fisiologica riduzione del numero di copie cartacee vendute e dall’aumento del tempo speso dai lettori su media digitali, che attrarranno sempre di più gli investimenti pubblicitari.
Il digitale rappresenta in definitiva una scelta obbligata per il settore, che tuttavia potrebbe godere in tempi rapidi dei vantaggi del cambiamento: Accenture stima ad esempio che il “contributo digitale” potrebbe portare ai quotidiani fino al 30% dei ricavi in più entro il 2016. Lo stesso concetto di linea editoriale è uscito dalle righe degli articoli, dalle pagine del libro e sta iniziando a mostrare tutti i differenti livelli di servizio che un editore multimediale potrebbe assicurare ai propri lettori. Contenuto, contenitore e lettore sono parte di una piattaforma unica, dove l’editore può cercare di recuperare il ruolo centrale che aveva un tempo.
La conoscenza del cliente/lettore diventa elemento primario per l’editore, gli permette di costruire e adattare opportunamente il contenuto editoriale, integrandolo con nuove componenti di servizio che completano l’esperienza di fruizione del contenuto editoriale. Per poter fare tutto questo è fondamentale riuscire a fare un buon uso degli analytics (la raccolta e l’uso sapiente dei molteplici dati rilasciati dagli utenti), abilitando anche i canali distributivi (ad esempio le edicole o le librerie) all’interazione “attiva” con il cliente/lettore e quindi alla raccolta di informazioni legati a utilizzo e comportamento dei clienti.
“Gli editori si trovano indubbiamente ad un punto di svolta: con l’affermarsi del digitale hanno la possibilità di conoscere il proprio lettore in maniera più approfondita, stabilire con lui una relazione che va al di là della semplice compravendita del singolo prodotto. A determinare vinti e vincitori dunque sarà la capacità di riconoscere e gestire i propri lettori lungo tutto il loro ciclo di vita, attraverso canali fisici e digitali e la ricetta vincente per farlo risiede nel modello delle 3D: digital consumer, digital supply chain, digital monetization” ha suggerito Morielli.
Il modello operativo che permetterà la gestione di questa nuova complessità è una novità importante per molte realtà editoriali di oggi. Coloro che avranno la possibilità di investire nelle competenze e infrastrutture necessarie per l’integrazione di editoria tradizionale e digitale non solo potranno godere di una fonte addizionale di ricavi ma, attraverso le loro piattaforme, potranno fungere da “fornitori” anche per un insieme più piccolo di realtà editoriali, che acquisteranno da loro le risorse necessarie per rendere il loro prodotto editoriale appetibile, senza tuttavia perdere la loro caratteristiche. Questo scenario permetterà l’apertura a nuovi modelli di collaborazione e alleanze.
Un esempio pratico: la libreria del futuro, una “social destination”
Alla luce dei cambiamenti strutturali dell’industria, Accenture è pronta ad ipotizzare una trasformazione in chiave digitale anche per la libreria.
Le librerie oggi in Italia sono realtà indipendenti, pensate per raccogliere ed esporre prodotti cartacei, isolate di fatto dal mondo digitale, tuttavia, analizzando come in mercati più maturi la rivoluzione del digitale abbia impattato sulla loro redditività, è bene chiedersi quale possa essere l’evoluzione possibile di questi luoghi. Secondo Accenture la libreria di domani dovrà diventare “interattiva” avvicinarsi al lettore, alle sue nuove abitudini: aggiornarlo su cosa accade in libreria, attraverso il cellulare, il tablet o la connected TV, stupirlo con un nuovo concetto di punto vendita, con scaffali tradizionali alternati a corner multimediali, nonché offerta di servizi complementari ed eventi di suo interesse: la libreria come “social destination”.