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Advertising online alla sfida della connected Tv

Gli utenti si spostano dalla Tv tradizionale verso la Tv via internet. E i produttori di contenuti devono adeguarsi al cambiamento. Ma serve l’impegno delle istituzioni e dei player di settore

Pubblicato il 20 Gen 2013

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In linea con l’evoluzione dei modelli di consumo degli utenti di internet nel nostro Paese, stiamo assistendo ad una nuova convergenza tra i media tradizionali e internet, in particolare con i canali Social. Gli italiani, sempre più assidui frequentatori della Rete, sembrano ormai trovare sui Social Network una fonte di intrattenimento a 360 gradi: comunicano con amici, leggono le notizie di attualità e si tengono aggiornati su trasmissioni radio e tv, che spesso seguono direttamente online.

In particolare negli ultimi due anni si è registrato uno spostamento crescente dell’utenza dalla Tv tradizionale verso la Tv via internet, canale che dà modo ai consumatori di seguire i programmi preferiti in qualunque luogo e di avere il controllo totale dell’esperienza visiva, scegliendo modalità e tempi per vedere, mettere in stand by o rivedere i video, oltre che commentarli, postarli e condividerli in tempo reale attraverso i Social Network.
Come evidenziato da alcune recenti indagini, il “telespettatore online” tende ad essere sempre più multitasking e multiscreen: proprio Mediascope Europe 2012, lo studio biennale di Iab Europe sui modelli di consumo dei media, ha rilevato che, anche quando guarda la Tv sui canali tradizionali, il 57% degli utenti di internet italiani si collega contestualmente alla Rete tramite pc, tablet o smartphone per svolgere attività in correlazione a ciò che sta guardando, per cercare informazioni o commentare sulle piattaforme social.
La “migrazione” verso la connected Tv è un’evoluzione che si sviluppa dal basso e che vede i telespettatori soggetti attivi che creano i propri palinsesti su misura su diverse piattaforme e che sta incidendo in maniera significativa sul mercato, aprendo la porta a nuove sfide ed opportunità e stimolando reazioni a catena nei diversi protagonisti coinvolti.

I produttori di contenuti hanno già iniziato un processo di adattamento dei propri modelli, rivedendo i format in ottica di interattività. I broadcaster si stanno orientando a mettere online non più solo “pillole” ma interi programmi, investendo nel potenziamento dei canali video sia per i dispositivi fissi che per i mobili e nel presidio dei canali social, frequentati assiduamente – secondo gli ultimi dati Audiweb – da ben l’85% degli utenti internet italiani.
Anche dal lato degli investimenti pubblicitari si registra uno shift da un media all’altro: nel 2012 lo spostamento dei budget di comunicazione dalla tv tradizionale alla tv via internet è stato pari al 2,5% e si stima che i numeri siano destinati a crescere. Verosimilmente il video advertising sarà l’elemento trainante per il comparto della comunicazione digitale interattiva nel 2013, in maniera ancor più significativa di quanto lo sia stato nell’ultimo biennio.

La porta al cambiamento è aperta, ma la strada è lunga. Se confrontiamo i due media in termini di massa critica, è evidente che se la Tv è presente in tutte le case, internet lo è solo nel 54% delle famiglie, elemento che rappresenta un freno agli investimenti in video online advertising.
In questo senso, se è essenziale che le istituzioni intervengano con sempre maggior decisione per incentivare lo sviluppo digitale del Paese, agendo su alfabetizzazione e infrastrutture, è fondamentale che il comparto si muova per dare sicurezza agli investitori pubblicitari. Risulta ancor più evidente oggi l’importanza della definizione di standard unici di misurazione, da svilupparsi sulla falsariga del modello 3MS americano. Iab sta portando avanti alcune iniziative, prima fra tutte l’apertura di tavoli di lavoro con le altre associazioni – Assocomunicazione, Fcp e Upa – con l’obiettivo di individuare regole condivise che consentano una currency comune.

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