A rimanere in pista per il l’incarico di segretario generale di Agcom sono rimasti tre candidati anche se, a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, il gioco vero è a due. È comunque all’interno di un terzetto di nomi (si erano proposti in un centinaio, poi ridotti a dieci da una prima selezione) che il Consiglio di Agcom, su proposta del presidente Angelo Marcello Cardani, farà la scelta del successore di Roberto Viola, volato a Bruxelles come vicedirettore generale della Direzione generale Communications Networks, Content and Technology della Commissione Ue.
Quella che aspetta i commissari di Agcom non sarà una scelta facile, in particolare in un periodo di ridefinizione degli equilibri fra i partiti alla vigilia delle elezioni politiche. Tanto che la nomina slitterà certamente a dopo il voto del 24 e 25 febbraio.
Ovviamente politica ed elezioni non dovrebbero entrare per nulla nella selezione di chi sarà chiamato a svolgere un ruolo così delicato ed importante come quello di direttore generale di Agcom. Anche se, come in tutte queste cose, è immaginabile che qualunque scelta facciano i commissari possa venir letta, giustamente o malevolmente, come influenzata da pressioni politiche, da relazioni personali quando non parentali.
L’incarico è decisamente importante, tanto che nelle voci di corridoio Viola veniva indicato come il “presidente ombra di Agcom”. Se non altro perché tutti i dossier importanti su cui il Consiglio è chiamato a deliberare vengono preparati dallo staff o comunque arrivano sul tavolo del direttore generale.
Secondo il nuovo regolamento approvato lo scorso 8 novembre (proprio alla vigilia dell’invito alla manifestazione di interesse che ha lanciato la gara per la successione a Viola) il “Segretario generale risponde al Consiglio del complessivo funzionamento della struttura, assicura il coordinamento dell’azione amministrativa e vigila sulla efficienza e sul rendimento della Direzione e dei Servizi dell’Autorità”.
Non a caso è previsto che il segretario generale venga scelto “tra persone di elevata e comprovata qualificazione professionale” nonché “di indiscussa moralità e indipendenza, che abbiano ricoperto incarichi di direzione di strutture di primo livello dell’Autorità ovvero abbiano svolto per almeno otto anni le funzioni di magistrato ordinario, amministrativo o contabile, avvocato dello Stato, consigliere parlamentare, dirigente della prima fascia dei ruoli delle amministrazioni pubbliche, professore universitario di ruolo, alto dirigente di imprese e organismi pubblici o privati”.
Competenze, dunque, che prevedono qualità manageriali, gestionali, culturali ma anche regolatorio-istituzionali. La scelta non sarà facile, ma il profilo del prescelto dovrà essere impeccabile. E non solo per reggere a polemiche e strumentalizzazioni, quasi sempre inevitabili in questi casi, ma anche per assicurare il buon funzionamento dell’Authority.