Il commissario dell'Agcom, Gianluigi Magri, secondo quanto si
apprende, si sarebbe dimesso da relatore del provvedimento sul
diritto d'autore.
Le dimissioni di Magri sarebbero da ricollegare alle polemiche che
si sono scatenate sul web dopo la sostituzione dell'altro
relatore, Nicola D'Angelo, con il commissario Sebastiano
Sortino. Secondo il popolo della rete, infatti, la sostituzione
sarebbe "sospetta", perché D'Angelo avrebbe espresso
perplessità sul provvedimento. L'intenzione di Magri, con le
dimissioni, sarebbe quindi di svelenire il clima ed evitare
strumentalizzazioni, respingendo qualsiasi illazione su
un'estromissione "calcolata" del collega
D'Angelo.
Per quanto riguarda il provvedimento, adesso si attende la mossa
del presidente dell'Agcom Corrado Calabrò, che deve decidere
se nominare o meno un nuovo relatore accanto a Sortino.
Intanto anche la politica si mobilita. Il senatore del Pd Vincenzo
Vita e il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti
''aderiscono con convinzione'' all'iniziativa
delle associazioni per la libertà della rete, che si terrà – in
collegamento nazionale – domani 5 luglio dalle 17.30 in poi a Roma,
presso la Domus talenti.
''Perche' e' a rischio la libertà, nel e del Web?
Tragicamente semplice – spiegano Vita e Giulietti – L'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni, sulla base della delega
ricevuta dal decreto legislativo Romani sulle tv del marzo 2010,
emanerà il prossimo 6 luglio un Regolamento sul diritto
d'autore. Stiamo parlando di diritti delle persone, per i quali
è impropria tanto una mera delega, quanto l'interpretazione
estensiva data dall'Agcom. Infatti, in base al testo che si
conosce, un'istituzione amministrativa potrebbe assumere le
sembianze del giudice, arrivando all'oscuramento dei siti
'rei' di violare la normativa medesima".
"Non è legittimo – aggiungono – e abbiamo chiesto
un'audizione urgente in Parlamento del presidente Calabrò, che
ha recentemente ribadito nella relazione annuale la necessità di
una legge su di una materia tanto complessa e
delicata''.
''Come mai un presidente, che pure ottenne larga fiducia
dalle competenti commissioni di Camera e Senato, oggi non sente le
opinioni contrarie di grande parte proprio del Parlamento? Si
determinerà, se non vi sarà una 'moratoria' – concludono
Giulietti e Vita – un vulnus istituzionale, foriero di
un'infinità di ricorsi. Altro che tutela del diritto
d'autore. E' un caso evidente di eterogenesi dei fini. Da
un regolamento siffatto trarranno vantaggio i grandi gruppi come
Mediaset, non certo lavoratrici e lavoratori del settore. La
battaglia è e sarà asperrima. Non si può permettere a nessuno di
violare la Costituzione''.