Arrow, ideato e coordinato dall’Italia, viene implementato da noi in ritardo rispetto ad altri paesi europei. E non è detto che la nuova direttiva Ue sulle opere orfane colmerà questo gap. “Mancano i soldi, e non solo in Italia”, dice Piero Attanasio, direttore tecnico di Arrow e responsabile progetti internazionali di Aie. “Ma quando arriveranno, la normativa sarà pronta a fornire il quadro. In Italia per esempio vedo un’opportunità nella digitalizzazione della biblioteca del ministero dell’Istruzione, che già interessa 10mila volumi e che per essere completata potrebbe avvalersi di Arrow risparmiando sui costi di gestione dei diritti”.
Arrow costa molto?
No, è una voce minima nella spesa per la digitalizzazione: è questa a pesare.
Qual è il modello di business che proponete?
Arrow non vende un software, ma offre un servizio alle biblioteche che intendono digitalizzare le proprie raccolte relative agli anni più recenti. Dal 2013 Arrow diventerà un’Associazione no-profit alla quale potranno partecipare i diversi portatori di interesse, in particolare associazioni degli editori e autori e biblioteche. Aie, Cineca e Iccu sono membri-guida di questa Arrow Association di prossima costituzione e con sede in Italia. Le biblioteche che vorranno utilizzare Arrow dovranno solo ripagare i costi sostenuti dall’Associazione e dai suoi partner, come l’Aie e Cineca che sono coordinatore e fornitore della tecnologia, rispettivamente. I governi dei singoli paesi potranno scegliere se coprire la spesa per conto delle biblioteche pubbliche consentendo loro di utilizzare Arrow gratuitamente; altrimenti saranno le biblioteche a pagare, magari con il contributo di privati. Ma l’Associazione non cerca il profitto e non vuole imporre un monopolio.
Perché Arrow è così cruciale?
Dà un supporto fondamentale al progetto di Europeana, la biblioteca digitale europea. Finora i programmi di digitalizzazione hanno interessato le opere antiche, non protette da copyright, ma Europeana non può essere completo senza le opere nuove. Per le quali però bisogna pagare i diritti e cercarne il detentore. Arrow agisce dunque alla radice del processo: trovare a chi appartiene l’opera in termini di diritti d’autore. In alcuni casi il copyright può essere scaduto (e di queste opere molte biblioteche hanno già avviato la trasformazione in files), in altri è valido ma non chiaro a chi faccia riferimento: sono queste le opere orfane. Arrow riduce tempi e costi della ricerca del detentore dei diritti.
Dunque è un motore di ricerca?
È più complesso, perché basato sia su algoritmi probabilistici che su tecnologie semantiche con l’aggiunta di un controllo finale manuale: il tutto riduce i tempi di ricerca, come ha dimostrato l’esperienza della British Library, che ha utilizzato Arrow confrontando l’efficienza del sistema contro il precedente metodo di ricerca.
Arrow è un anti-Google?
Se ne è parlato all’inizio della nostra esperienza, in quanto parallelamente Google aveva lanciato un suo sistema di gestione dei diritti. Quella iniziativa, che prevedeva una gestione collettiva dei diritti sulle opere fuori commercio, è rimasta al palo per ragioni giuridiche. Oggi Google agisce su basi diverse e quindi non si può più fare questo paragone. Tuttavia, nel costruire il nostro sistema il confronto con quella esperienza ci ha aiutato, anche imparando da alcuni elementi che non ci piacevano nel sistema americano e che a nostro avviso aumentavano i tassi di errore.
L'INTERVISTA
Arrow, Attanasio: “Abbiamo fatto tesoro del flop di Google”
Parla il direttore tecnico di progetto e responsabile progetti internazionali di Aie: “Il sistema consente di abbattere i costi di gestione dei diritti”
Pubblicato il 28 Ott 2012
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