Commissioni, ok al decreto Romani. Ma l’opposizione insorge

Più poteri all’Agcom nei pareri votati alle Camere. L’attacco dei senatori Pd Luigi Vimercati e Vincenzo Vita: da stralciare gli articoli sul Web, “nulla hanno a che fare con la disciplina comunitaria”

Pubblicato il 04 Feb 2010

Via libera delle Commissioni competenti di Camera
e
Senato al decreto Romani, con l'approvazione del parere
di maggioranza. Il relatore del testo in Commmissione Lavori
pubblici e Comunicazioni in Senato,  Alessio Butti (Pdl),
annuncia “importanti novità”. Il testo approvato dalla
maggioranza con il voto contrario delle  opposizioni (Pd, Idv e
Udc) accoglie alcuni rilievi del Presidente Agcom Corrado
Calabrò e specifica meglio alcuni punti relativi al Web. Ora la
palla passa nuovamente nelle mani di Romani che si è impegnato a
modificare il decreto tenendo conto dei rilievi delle
commissioni.

“C’è una definizione più chiara dei soggetti che rientrano
nella definizione di servizi di media audiovisivo – spiega
Butti  al Corriere delle Comunicazioni -, i blog, i video
amatoriali, i giornali online, i motori di ricerca, le versioni
elettroniche delle riviste non sono disciplinati dalla nuova
normativa, sono liberi”. Nessuna censura alla Rete, dunque,
stando a ciò che dice il senatore del Pdl, che sottolinea:
"Le nuove regole non riguardano i servizi lineari (blog e
siti Internet), ma solo i servizi on demand", ovvero quelli
che 'riproducono' la televisione senza però dover
rispettare i vincoli che invece hanno i broadcaster".

La delicata questione di Youtube e degli hosting che veicolano
contenuti generati dagli utenti è affrontata dal punto tre del
parere: "la responsabilità editoriale incombe su terzi e
non sui provider che ospitano o trasmettono contenuti realizzati
da altri". 

Nel testo inoltre la Commissione esplicita che debba spettare
all'Agcom – e non al ministero – sia il controllo sui
contenuti nell'ambito dei poteri e delle competenze
riconosciute all'Autorità stessa, sia quello dei requisiti
amministrativi necessari ad avviare l'attività (la
cosiddetta Dia).

Il viceministro Paolo Romani ha apprezzato il lavoro delle
commissioni: "Terremo conto in modo rigoroso delle
osservazioni formulate". L'autore del discusso decreto
si augura "che si chiudano le polemiche su Internet e su una
presunta aggressione alla Rete che non c'è mai stata, grazie
alla previsione che delega all'Agcom l'autorizzazione per
i servizi di tv sul web"

Il testo approvato non convince, però, le opposizioni. "Il
Governo tenta di disciplinare la gestione dei contenuti in Rete
alla stregua di quelli televisivi – commenta Fabrizio Morri,
senatore del Pd -, che invece vengono veicolati tramite frequenze
concesse dallo Stato e, per questo, soggetti a controlli.
Controlli che non hanno ragione di esistere per il Web".

Anche l' ex ministro alle Comunicazioni nel governo Prodi,
Paolo Gentiloni, lancia l'affondo sul Web: "Regna la
confusione: si aggiungono varie definizioni che complicano le
cose e non si cancella l'autorizzazione, pur passandola dal
ministero all'Autorità". Rincarano la dose i senatori
Pd Luigi Vimercati e Vincenzo Vita, che chiedono di stralciare gli
articoli sul Web "che nulla hanno a che fare con la
disciplina comunitaria".

Per la senatrice Udc Dorina Bianchi (Udc) “in Italia si sta
profilando un’operazione che, in assoluta assenza di
discussione, tenta di comprimere forse definitivamente i pochi
spazi di libertà che ormai solo la rete garantisce”.

Altri rilievi contenuti nei pareri riguardano la pubblicità e
l’ordinamento automatico dei canali sul Dtt. Le telepromozioni
sono consentite solo nell’ambito dei programmi, e c’è il via
libera al product placement nei programmi sportivi. Quanto alla
Lcn, “si prevede che spetti all’autorità definire criteri e
blocchi dei numeri, nell’ambito dell’istruttoria che è già
in corso; al ministero invece va il compito di assegnare il
numero del telecomando alle emittenti e di sanzionare quelle che
non rispettano la posizione assegnata”.

Le commissioni chiedono infine di ripristinare gli obblighi
precedenti sulle quote di investimento per la tutela del prodotto
audiovisivo europeo e sulle sottoquote destinate al cinema
italiano.

 

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